IL MIO STORMO
ALTRE SPECIE
LA MALATTIA DEL FEGATO GRASSO
Il fegato degli uccelli è molto voluminoso e facile bersaglio di molti agenti patogeni: virus, batteri, parassiti e sostanze tossiche possono causare gravi problemi epatici, fino a mettere a repentaglio la vita stessa dei volatili.
Dott. GINO CONZO Medico Veterinario Specialista in Patologia Aviare
Pappagallo: un organo “infarcito”
Tra le varie malattie che affliggono il fegato degli uccelli ornamentali la lipidosi epatica è forse quella più frequentemente osservabile nella pratica veterinaria. In questa malattia si osserva una progressiva sostituzione delle cellule epatiche con grasso: quando il fegato ne è ormai in gran parte “infarcito” compaiono i primi sintomi, segno evidente del cattivo funzionamento dell’organo.
Sintomi fegato ingrossato: respiro difficile
Gli uccelli affetti dalla lipidosi epatica mostrano generalmente difficoltà nella respirazione in quanto il grasso occupa anche gran parte dell’addome, comprime i sacchi aerei e riduce lo spazio respiratorio a disposizione del volatile. Le difficoltà nella respirazione sono osservabili soprattutto quando gli uccelli svolgono un’attività fisica, come il volo.
Probabilmente a causa dell’attività ormonale nel periodo riproduttivo, le femmine si ammalano più frequentemente dei maschi.
Mezzaluna scura: cosa è?
Il fegato aumenta di volume e deborda in addome oltre il limite dello sterno; tale caratteristica si può notare facilmente nelle specie di piccola taglia e dalla pelle sottile, come i canarini, in cui il fegato si evidenzia come una “mezzaluna” scura. L’addome degli uccelli con lipidosi appare molto spesso rigonfio.
Fondamentale nel trattamento della lipidosi è la somministrazione di integratori dietetici a base di sostanze disintossicanti ed in grado di eliminare i grassi dal fegato. Come i preparati contenenti vitamine del gruppo B, colina, metionina ed alcuni particolari estratti vegetali (ad esempio quelli di cardo mariano e tarassaco) dalla spiccata attività epatoprotettiva.
Ecco alcuni sintomi del fegato ingrossato
L’aspetto delle penne è scadente e non di rado mostrano colori anomali, ad esempio giallastro invece che verde o rossastro invece che grigio. La pelle è generalmente secca e causa prurito ai volatili. Molto spesso gli uccelli con lipidosi epatica appaiono grassi, con accumuli adiposi sottocutanei a livello di addome, petto, fianchi, clavicole.
Non di rado si assiste ad una crescita eccessiva della punta del becco e delle unghie, oltre a difetti della coagulazione del sangue per cui la semplice rottura di una penna in crescita può determinare un prolungato sanguinamento. Nelle fasi finali della malattia si possono avere disturbi dell’equilibrio o crisi epilettiformi, per il passaggio di tossine nel circolo ematico.
La malattia può colpire virtualmente tutti gli uccelli, anche se sono predisposte maggiormente alcune specie, come le cocorite, le calopsitte e le amazzoni tra i pappagalli; i lucherini, i ciuffolotti ed alcune razze di canarini (Border, Gloster) tra i passeriformi.
Alimentazione: alla base del fegato grasso
Quasi sempre una cattiva alimentazione è alla base della lipidosi epatica e la causa va ricercata in particolare nella dieta ipercalorica, basata per esempio su semi di girasole, di niger o di altri alimenti grassi. Le probabilità di ammalarsi aumentano notevolmente se gli uccelli non possono compiere sufficiente moto, come avviene per i soggetti costretti a svolgere una vita sedentaria in gabbie di ridotte dimensioni.
Dieta ipocalorica: trattamento per il fegato ingrossato
Da queste ultime considerazioni si evince facilmente come il fegato grasso sia facilmente prevenibile con una migliore gestione degli uccelli in cattività. Anche il trattamento dei volatili sofferenti di lipidosi epatica prevede la somministrazione di una dieta più consona alle esigenze degli uccelli. A tale scopo vanno benissimo gli alimenti formulati (estrusi o pellet) a basso tenore calorico. Frutta e verdura sono di valido aiuto perché riducono ulteriormente il livello di grassi della dieta ed allo stesso tempo saziano i volatili.
Dillo al veterinario
Come già detto anche altri fattori patogeni possono determinare danni epatici: alcuni sintomi osservati nelle lipidosi sono comuni ad altre malattie coinvolgenti il fegato. Per questo motivo è consigliabile, nel caso in cui si sospetti una patologia del fegato, rivolgersi al veterinario che, grazie ad esami di laboratorio, potrà giungere alla diagnosi di certezza.
https://petfamily.it/uccelli/salute-uccelli/la-malattia-del-fegato-grasso/
I SEMI GERMINATI
Da sempre credo che noi e quindi anche i nostri pappagalli siamo ciò che mangiamo, nella dieta di un pappagallo non dovrebbero mai mancare i semi germinati, pensate che un seme offerto in forma germinata può aumentare alcuni valori nutrizionali fino a 600-700 volte in più rispetto allo stesso seme in fase secca. La paura che da sempre limita la diffusione di questo tipo di alimentazione sono il pericolo di poter contaminare nel susseguirsi delle varie fasi i semi da muffe che possono crescere nei giorni di germinazione con evidenti e rischiosi problemi di salute per i nostri pappagalli. Vorrei sin da subito eliminare questa paura dicendovi che in realtà se si sceglie una mescola omogenea nei tempi di germinazione preferendo semi piccoli con delle percentuali ben bilanciate tra legumi e cereali quindi il rischio è veramente basso oserei dire pari a un valore “0”, senza la preoccupazione di aggiungere alcun disinfettante nell’acqua. Qui vedremmo nel dettaglio i passaggi per poter ottenere dei semi germinati sicuri:
1 – Prelevate la quantità necessaria di semi per alimentare il vostro pappagallo (foto 1)
2 – I semi andranno messi a bagno in una terrina e completamente coperti di acqua leggermente tiepida per 24 ore avendo l’ accortezza di sciacquarli di frequente, almeno due volte al dì in questo ciclo (foto 2)
3 – Superata la prima fase di ammollo metteremmo i nostri semi in un colino, li laveremo abbondantemente con acqua tiepida, e li lasceremo riposare per 24 ore, in questa fase i semi inizieranno a germinare dovremo solo avere l’accortezza di bagnarli almeno due volte al giorno (foto 3)
4 – Passate le seconde 24 ore ed in totale 48 ore dall’inizio di tutto il processo i semi dovranno essere ben sciacquati in acqua tiepida, asciugati con un panno carta, a questo punto saranno pronti (foto 4)
Finiti questi passaggi procediamo a:
1) Si mettono in una ciotola
2) Conservati in frigorifero per un tempo massimo di giorni
3) Oppure conservati in congelatore in porzioni da usare al bisogno
Se decidiamo di conservarli in frigorifero o in congelatore sarà sufficiente prima di metterli in ciotola sciacquarli in acqua tiepida, e asciugarli.
Buona Ranzapappa!!
LE CIOTOLE DI LUISA
Per gentile concessione della nostra amica Luisa Adamo
IL CARDO MARIANO
È di sicuro uno dei rimedi più utilizzati nella medicina dei semplici ed il suo utilizzo è risalente a più di due millenni fa… ottimo da dare ai nostri pappagalli!!! Il nome scientifico, Sylibum marianum, deriva dal greco sillabonche significa “cardo latteo” ed è legato alla leggenda secondo cui le macchie bianche presenti sulle foglie siano state prodotte dal latte della Madonna, quando, inseguita dal re Erode, la Sacra Famiglia usò questa pianta come nascondiglio. La pianta infatti presenta grandi foglie verdi con margine dentato e dotato di spine gialle. Ha fiori riuniti in capolini isolati all’estremità dei lunghi rami, di colore rosa intenso-violaceo e hanno un involucro di squame fogliacee con estremità appuntita e pungente. Il Cardo Mariano, considerata un erbaccia infestante, diffuso dal mare alle regioni sub-montane e nelle isole, conosce un ampio utilizzo nella tradizione popolare grazie alla sua importante azione sui processi digestivi. In particolar modo la sua notorietà è data dalla potente azione di protezione del fegato e di stimolazione della sua funzionalità, che ne fanno del Cardo la pianta di elezione per questo organo. La pianta, come la maggior parte di tutti i rimedi officinali ad azione digestiva, contiene principi amari in grado di stimolare l’appetito, la secrezione gastro-intestinale e biliare. Ad oggi, la parte del Cardo Mariano maggiormente attiva e che viene utilizzata per la preparazione di decotti od estratti sono i frutti(erroneamente chiamati semi), che vengono raccolti alla fine della fioritura, quando i capolini iniziano ad aprirsi (luglio-agosto). La molecola che rende i frutti del Cardo Mariano un ottimo rimedio per la depurazione e il miglioramento della funzionalità del fegato è la silimarina, principio in grado di proteggere il fegato da lesioni in caso di accumulo di sostanze nocive e dannose (alcol, agenti cancerogeni, sostanze di scarto del metabolismo, sostanze inquinanti, farmaci, ecc..) ma soprattutto svolge un’azione di rigenerazione della cellula epatica, ripristinando la sua ottimale funzionalità in caso di sovraccarico o mal funzionamento. In aggiunta questa “erbaccia” non solo risulta utile nei classici cicli di depurazione stagionale, può essere anche una valida alternativa per risolvere disturbi più importanti come supporto in caso di calcoli biliari, steatosi epatica, colesterolo alto, stipsi, disordine della circolazione biliare, ecc..
Ricordiamo che il Cardo Mariano, come tutte le piante medicinali, essendo composte da un insieme di molecole attive che operano in sinergia tra loro (fitocomplesso), molto spesso possono risultare efficaci anche nel trattamento di altri disturbi riguardanti anche altri organi od apparati. Ed infatti anche i frutti di Cardo Mariano dimostrano un’interessante attività antipotensiva e cioè sarebbero in grado di correggere la tendenza alla pressione arteriosa troppo bassa con i relativi sintomi quali vertigini e senso di spossatezza.
Consiglio di bere questo decotto SOLO AGLI UMANI!!!!!
Decotto di Cardo Mariano:
PREPARAZIONE E DOSI
3 g. di semi per 100 ml di acqua.
Si mettono insieme all’acqua e si portano ad ebollizione. Si fanno bollire per 5 minuti e poi si tengono in infusione 15 minuti.
Per avere un buon effetto sul fegato si consigliano due-tre tazze al giorno.
Per migliorare il gusto e rafforzare l’azione con un’altra pianta ad azione sul fegato è possibile aggiungere anche radice di Bardana, semi di Anice, foglie di Menta e radice di Liquirizia nelle seguenti dosi (per 100 g.):
Cardo Mariano (frutti) 30 g.
Bardana (radice) 30 g.
Anice (frutto) 20 g.
Menta (foglie) 10 g.
Liquirizia (radice) 10 g.
FORAGING
Il Foraging: cosa è e come iniziare
Eccoci di fronte al classico “parolone” che alcuni di noi, tra le nostre ricerche su internet per estrapolare qualche informazione sui pappagalli, avrà incontrato… e per gli altri? Che sarà mai?
In realtà è semplicissimo: foraging è una parola inglese che significa “andare alla ricerca di cibo”.
Questo termine indica l’atto della ricerca del cibo che gran parte degli animali, tra cui i pappagalli, effettuano nel proprio ambiente naturale. Un pappagallo in natura non ha di certo a disposizione ciotole colme di cibo come avviene nelle nostre case, e proprio per questo spende la maggior parte del suo tempo proprio alla ricerca di frutta, verdura, bacche e semi tra le fronde degli alberi o sul terreno. Questo atto di ricerca ha un’ importanza enorme per tutti i pappagalli, dal più piccolo al più grande, dall’allevato a mano al selvatico. In ogni specie il foraging è sempre costante e riveste un ruolo fondamentale nella loro quotidianità, ecco quindi l’importanza della sua simulazione per i pappagalli in cattività. In molti casi problemi comportamentali come le urla costanti o deplumazione sono il risultato di noia, di troppe ore che il pappagallo è costretto a passare in gabbia senza nessuno stimolo. Per questo proporre il foraging all’interno delle loro gabbie o in un ambiente di casa è importantissimo per stimolare la mente dell’animale e tenerla impegnata, assecondare l’innata curiosità di questi animali e tenerli attivi per un arco di tempo considerevole nell’arco della giornata, soprattutto in nostra assenza. Tenere occupato mentalmente un pappagallo è un ottimo sistema per avere un animale fisicamente e mentalmente sano. Le possibilità per riprodurlo sono pressoché infinite, dalle più semplici alle più complesse. Il concetto alla base del foraging per i nostri pappagalli in cattività è semplicemente quello di nascondere il cibo nei giochi stimolando così il pappagallo a trovarlo o a cercare di prenderlo. È possibile comprare giochi già fatti, in cui serve solo inserire il cibo, o meglio ancora si può farli da se, usando un po’ di fantasia e soprattutto materiali sicuri come sacchetti o strisce di carta, corde di canapa, gusci di cocco, cannucce, cartone, cestini di vimini, palle di gomma per cani in cui inserire grossi pezzi di frutta e verdura e ovviamente rami freschi con foglie (controllando che siano tra quelli non tossici!).
COME INIZIARE
Insegnare a un pappagallo a nutrirsi tramite il foraging può avvenire per gradi. Il punto di partenza è stimolare la curiosità del pappagallo incoraggiandolo a muoversi all’interno della gabbia alla ricerca del cibo.
– Continuare a fornire come sempre il cibo nella ciotola
– Iniziare spargendo i premi alimentari o i cibi preferiti del pappagallo in ciotole separate, dislocate in posizioni diverse della gabbia
– Quando il pappagallo avrà afferrato il concetto che deve muoversi, cercare e recuperare il cibo che ama, si può iniziare ad aumentare il livello di difficoltà
– Nascondere il cibo coprendo la ciotola con della carta facile da rimuovere, che può essere fissata (e non solo appoggiata sopra) una volta che il pappagallo ha capito che deve essere rimossa
– Si può iniziare anche con semplici contenitori fatti in casa da se, come piccoli sacchetti di carta o tubi di cartone che possono essere facilmente accartocciati intorno ai premietti.
– È importante lasciare che il pappagallo veda che i premi vengono posizionati dentro questi contenitori, dimostrandogli anche come recuperarli
– Aumentare il livello di difficoltà fino ad arrivare ai giochi puzzle che richiedono manipolazione e capacità di risoluzione del problema: aprire sportelli, girare manopole o scomparti, aprire cassetti, svitare o distruggere componenti per poter avere accesso al cibo
ALCUNE IDEE PER CREARE IL FORAGING
– Creare un vassoio o cestino di foraging, seppellendo sul fondo cibi secchi sotto parti di giochi, pietre pulite o altri oggetti sicuri (per materiale e dimensione) in modo che il pappagallo per trovarli debba setacciare e rovistare per recuperare il cibo.
– Fornire frutta e verdura sotto forma di spiedini, usando uno spiedino apposito o del semplice filo di acciaio inossidabile
– Nascondere i premi dentro palle di vimini, rafia o altri materiali distruggibili per incoraggiare il masticamento
– Utilizzare palle di metallo o di gomma (disponibili come giochi per cani o mangiatoie per roditori) inserendo al loro interno il cibo, stimolando così il gioco
– Intrecciare le verdure intorno alle sbarre della gabbia (solo se la gabbia non è zincata però, perché se lo è parte dello zinco può contaminare il frutto stesso!)
– Nascondere pezzetti di frutta secca dentro buste forate di pelle o di carta per incoraggiare l’esplorazione
– Creare involtini di cibo, inserendo premi all’interno delle foglie di insalata e legandoli per chiuderli
L’unico limite è quello dell’immaginazione, perché le possibilità di creare giochi e stimoli per i propri pappagalli sono infinite!

Fieno per conigli tagliuzzato

Fieno con fiori di malva

Fieno con petali e bacche di rosa
ESEMPI DI FORAGING
Grazie per la collaborazione alla nostra esperta di Foraging Alba Lossi
(PATRIZIA OTTAVIANI)
Sentiamo molto spesso parlare di “foraging”. Cos’è e a cosa serve?
E’ semplicemente la ricerca del cibo. I nostri amici pennuti in natura lo praticano regolarmente per trovare semini, germogli, bacche, insetti ecc. Perché proporlo anche a pappagalli che vivono con noi, nelle nostre case? Semplicemente perché’ è giusto tenerli impegnati in questa naturale attività (ricordiamoci che i nostri amici sono e resteranno wild), per la quale spendono molto del loro tempo. Il foraggiare serve a stimolare uno dei loro istinti primari : l’istinto di conservazione, e si annoiano decisamente meno! Potete procurarvi : fieno ai fiori e erba medica (alfa alfa) per conigli – pellet di erba medica x conigli – foglie di eucalipto – foglie e ramoscelli di ulivo – petali di rosa, di calendula, di salvia, di rosmarino, di camomilla, di tarassaco, frutti di bosco, fiori di acacia, fiori di fiordaliso, ibisco, lavanda, malva, rosa canina, fiori di tiglio (tutto essiccato). Ora vi starete chiedendo che tipo di cibo nascondere …Personalmente nascondo dei semi di cardo mariano, ma in base alla specie di pappagallo si possono nascondere anche misti semi. L’importante è che sia solo secco e che lui possa cercare come farebbe in natura (nelle foto ai lati esempi di foraging).

Il mio Pedro che si diverte a foraggiare…
Alba Lossi
(PATRIZIA OTTAVIANI)

Dall’alto: pellets di erba medica, al centro fieno, in basso alla foto fiori essiccati di camomilla

Fieno, calendula e pellets di erba medica.

Fieno, calendula e pellets di erba medica.
ALLEVAMENTO ETICO SI O NO?
Riflettiamo bene su come scegliere il proprio allevatore perché in pochi prestano attenzione a ciò che viene costantemente suggerito, presi dall’euforia di portare a casa il nuovo pappagallo. Leggi qui>>> Diecimila raccomandazioni che in pochi si apprestano a seguire, proviamo ora a metterci non solo nei nostri panni ma anche in quelli dell’ animale. Prima di tutto; cosa vuol dire allevare e riprodurre, sembra uguale ma non lo è! Quanti lo fanno in modo etico? Vediamo di entrare in merito all’argomento prendendolo “alla larga”. Riprodurre, il vocabolario dà questa definizione: generare individui della stessa specie, riferito a organismi animali e vegetali(da Treccani). Vediamo poi che ci dice in merito al significato di allevare: educare, preparare alla vita. Ed ancora: allattare, nutrire prestando le cure necessarie per il suo sviluppo fisico e psichico.(da Treccani). Non mi sembra propriamente la stessa cosa ed onestamente penso che il termine ALLEVARE dovrebbe essere quello più corretto da prendere in considerazione quando cerchiamo un buon “allevatore” e non un semplice riproduttore (scusate il gioco di parole). Queste definizioni fanno la differenza quando stiamo per scegliere il nostro futuro compagno di vita. Dal momento in cui vogliamo un pappagallo allevato a mano e magari ben svezzato, socializzato, sano, possibilmente non pauroso e già educato ad un’alimentazione sana ci è fondamentale scegliere un vero ALLEVATORE. Ebbene, dato che il nostro scopo è portare a casa un soggetto che DOVRÀ’ (nel senso che l’animale non si è fatto carico di questo impegno ma gli è stato imposto da noi) condividere la sua esistenza con noi è bene che ciò venga fatto con le dovute considerazioni e precauzioni…la prima è proprio scegliere la persona che si farà carico di svezzare ed educare l’animale che porteremo a casa. Bene, eccoci ora a parlare di eticità… Ogni allevatore, nel senso stretto del termine, deve essere in grado di fornire alle proprie coppie riproduttrici una serie di fattori molto importanti, alloggi adeguati, stimoli appropriati, alimentazione corretta, cure igieniche ed un ambiente consono alla riproduzione. Che vuol dire? Che prima di tutto l’animale da “riproduzione” non è un soggetto di serie B, non è una fabbrica che produce pulli ma bensì un animale che ha le stesse necessità del nostro adorato pet che stiamo per portare a casa. In quasi tutti gli allevamenti in cui andremo troveremo una serie di gabbie in batteria, o soggetti di medie o grosse dimensioni in spazi non idonei e magari ci verranno pure a raccontare che tanto si riproducono meglio in spazi angusti… difficilmente vedremo stimoli ambientali o giochi a loro disposizione. Questo è etico? Come possiamo considerare etico indurre questi animali a riprodursi in continuazione per fornire sempre pulli da rivendere? A mio avviso la prima considerazione da prendere in rifermento è proprio questa. Poi, passiamo al passo successivo… Il pullo, qui neppure mi soffermo sull’eticità o meno di allevarlo a mano, allontanato dalle cure parentali. Il nostro allevatore si deve far carico della parte più complessa, lo svezzamento del nostro pappagallo. Ciò significa che deve sostituirsi alla cure parentali, il che non implica il semplice nutrire il pulletto ma bensì fornirgli una gamma di cure molto più complesse ciò significa:
• nutrirlo in modo corretto per tutto lo svezzamento dalla formula da imbecco alle prime mangiate autonome, proporre sempre cibi diversi e ben bilanciati che non siano il solito misto semi e qualche pezzetto di mela;
• allevarlo assieme ad altri simili in modo che sia correttamente socializzato con i soggetti della propria specie e non (ben venga l’allevamento misto, dove genitori ed allevatore concorrono alla crescita del pullo
• aiutarlo a socializzare con l’ essere umano in modo corretto e senza imposizioni, è bene che l’animale possa interagire con altre persone oltre al solo allevatore, che possa decidere o meno di avvicinarsi a qualcuno ed interagire con lui in modi e tempi dettati dall’animale stesso;
• fornirgli un alloggio adeguato ai diversi stadi di crescita, da una camera calda ad un ambiente in cui possa fare i primi voli e dove possa muoversi in sicurezza ( il che non significa la solita gabbietta in cui rimane impagliato senza la possibilità di muoversi o senza giochi a disposizione. In certi casi ho assistito alla gabbietta da criceto per le specie più piccole).
• I soggetti non devono mai essere ceduti prima del termine delle svezzamento, potrebbe essere pericoloso e solo l’occhio e la mano esperta di un allevatore può farsi carico di questo momento.
E noi che dobbiamo richiedere? Non dobbiamo temere a richiedere al nostro allevatore le seguenti documentazioni:
• le visite veterinarie in regola se il pappagallo non è giovane, dalla PBFD alla clamidya. Il pullo deve essere preferibilmente ceduto con le visite veterinarie (in caso siano state effettuate) e col responso dei relativi test.
• la documentazione relativa al CITES (il pullo va ceduto con la documentazione, non esiste che dobbiate aspettare per averla).
Ricordate sempre che dal momento in cui state acquistando un pappagallo state in realtà facendo 2 cose: la prima alimentare un mercato sempre più fiorente e dalle mille sfaccettature dove a rimetterci sono sempre gli animali, assicuratevi di garantire una vita dignitosa non solo al vostro pappagallo ma anche per gli animali in allevamento, fate una scrematura degli allevatori, selezionateli con scrupolo; la seconda è impegnarvi a garantire una vita dignitosa al vostro pappagallo dove venga rispettata ogni sua necessità.
Queste riflessioni che condivido le potete trovare e leggere >>
Parola di pappagallo: Le risposte dei nostri amici pennuti
Di Betty Jean Craige
QUI un estratto>>
COSA MANGIA UN PAPPAGALLO: DIPENDE DALLA SPECIE
Solitamente si pensa che questi animali su nutrano unicamente di semi. In realtà le cose sono un po’ più articolate. Per capire bene cosa mangia un pappagallo bisogna partire da un presupposto: questi animali hanno un’alimentazione molto varia.
Sicuramente nell’alimentazione di un pappagallo rientrano anche i classici semi e gli estrusi, ma la loro alimentazione non va limitata unicamente a questi. Come già detto un pappagallo mangia anche molte altre cose. Vegetali, frutta e bacche rientrano sicuramente tra le cose che mangia un pappagallo. Animali che non disdegnano nemmeno gli insetti. E a seconda della specie e/o del genere, potrebbero anche mangiare piccole quantità di carne.
Inoltre in natura esistono vari generi di pappagalli, e ognuno di essi vive in un habitat specifico. L’alimentazione del pappagallo può variare anche in base al genere di appartenenza: così, a titolo di esempio, amazzone cacatua, ara, cenerino ecc.. necessiteranno di alcuni alimenti specifici.
Per sapere cosa mangia un pappagallo bisogna tenere presenti tutti questi aspetti, e informarsi bene sulla specie e sul genere di appartenenza.
Il CONTO FIDUCIARIO
– Li paghiamo una piccola fortuna, li coccoliamo, li amiamo, li accudiamo come fossero figli, perché loro non si rendono conto di quanto gli vogliamo bene, degli sforzi che facciamo, di quanto impegno noi mettiamo per loro?
– Si fanno fare le coccole, emettono versi di piacere quando gli facciamo i grattini, danno l’ impressione di non voler mai staccarsi da noi e poi ci beccano perché?
– Urlano come fosse l’ ultimo urlo della loro esistenza tanto da sentirli tre isolati più in la perché?
Queste sono tra le molte domande che spesso mi vengono poste dai compagni-umani dei pappagalli ai Work, o durante le consulenze o nei messaggi che mi inviate. Ogni pappagallo è meravigliosamente unico, non esiste una risposta uguale per tutti, così come non esiste nessuna risposta rapida, per ogni comportamento di un pappagallo le risposte risiedono nell’individualità del soggetto e nel rapporto che si crea con il suo proprietario. Esistono un numero infinito di fattori che influenzano i comportamenti e i modi di interagire con noi, ma tuttavia le nostre azioni sono il fattore principale che sta alla base del rapporto uomo-pappagallo. La mia esperienza di anni di vita con loro mi porta a fare questa osservazione: i rapporti che danno nel lungo tempo maggiori soddisfazioni sono basati sulla fiducia. Ogni volta che interagiamo con loro in modo positivo, propositivo versiamo nel nostro “conto fiduciario”, la fiducia la si crea nel tempo, a volte ci vogliono settimane, a volte mesi, ma direi che spesso tutto dipende da come ci relazioniamo con loro, il “Rinforzo Positivo” è senza dubbio l’ esperienza migliore e più propositiva per avere nel tempo un pappagallo fiducioso, propositivo, desideroso di stare con noi. Che cosa è un Rinforzo Positivo? E’ in assoluto l’esperienza più importante che possiamo applicare con i nostri pappagalli, per ottenere il rinforzo di un comportamento, questo è il processo attraverso il quale si fornisce al pappagallo qualcosa che aumenta e/ o mantiene un determinato comportamento. Un rinforzo, può essere qualsiasi cosa ma DEVE piacere al pappagallo, per esempio un complimento verbale, un buffetto sulla testa qualcosa di buono da mangiare. Ogni azione di rinforzo positivo, equivale ad un versamento che aumenta il nostro conto fiduciario con lui e andando a migliorare il nostro deposito fiduciario con lui anche i rapporti saranno ottimali. Purtroppo nei pappagalli PET (da compagnia) è molto facile fare dei prelievi dal nostro conto fiduciario, un esempio classico è quando forziamo la mano per ottenere un comportamento obbligando il pappagallo ad eseguire contro la sua volontà un comportamento richiesto da noi. Un episodio classico è quando per farlo rientrare in gabbia lo rincorriamo per tutta la casa prendendolo forzatamente, spesso con dei guanti o un panno per evitare di essere beccati. Il comportamento di un pappagallo che urla, becca, vola su qualche mobile o esegue un comportamento indesiderato, può essere eliminato o sostituito con un altro comportamento, usando il rinforzo positivo e semplicemente pensando a come sostituire il comportamento indesiderato con un altro comportamento piacevole, rinforzando quindi ogni piccolo passo verso il comportamento desiderato. A volte potrebbe sembrare più facile la strada da percorrere usando la violenza, la coercizione, la dominanza, il controllo, ma in realtà nel lungo tempo è una strategia per nulla proficua che porterà ad avere un rapporto difficile poiché il rapporto che si crea tra pappagallo e compagno-umano sono fortemente influenzate dalle interazioni del quotidiano. La strategia dei versamenti nel conto fiduciario, a sfavore dei prelievi, sarà in assoluto il miglior modo per creare un rapporto gratificante, propositivo, e duraturo nel lungo termine.
Gianluca Ranzan
COME SCEGLIERE LA PENSIONE PER I NOSTRI AMICI PAPPAGALLI
Capita a tutti di doversi assentare da casa per un periodo più o meno lungo e di non poter portare con sé i pappagalli…
L’ideale sarebbe poter affidare i nostri amici sempre a qualcuno che conosciamo di persona e di cui ci possiamo fidare. In mancanza di parenti e amici con queste caratteristiche disponibili ad accoglierli nel periodo che ci interessa, dobbiamo ricorre a strutture di accoglienza gestite da estranei.
E qui iniziano i guai per chi davvero ci tiene al suo pappagallo o altro tipo di animale!!
Troppe persone si “inventano”, infatti, specialisti del settore senza sapere nulla in realtà di etologia e di gestione degli animali.
Approfittare dello stato di necessità di decine di migliaia di cittadini che non possono o non vogliono portare con sé l’amato compagno è fin troppo facile. Il settore è senza controllo, non ci sono regole precise, né un inquadramento professionale adatto a chi è chiamato ad occuparsi di esseri viventi: le pensioni per animali sono inquadrate professionalmente con l’espressione assai generica di “prestazioni di servizio”, e l’iscrizione alla Camera di Commercio avviene sotto la dicitura “altri”.
Come se non bastasse si tratta di un’attività che muove parecchi soldi, motivo per cui di pensioni per animali ce ne sono fin troppe, senza migliorare per altro la qualità generale di questo tipo di “servizi”, e vanificando gli sforzi di quanti, invece, lavorano con coscienza e impegno nell’interesse degli animali.
In poche parole, la vita dei nostri amici rischia di essere lasciata in mano a improvvisati imprenditori senza scrupoli.
Come difendersi? Non lasciando nulla al caso, ma impegnandoci seriamente nella ricerca della pensione perfetta.
Ecco una serie di consigli:
- visitate personalmente la struttura prima dell’affido: se il titolare rifiuta la visita o temporeggia troppo, è meglio cercarne subito un’altra;
- verificate che le voliere siano spaziose, con una parte all’aperto e una coperta al riparo da sole e pioggia
- accertatevi che la pensione disponga di un veterinario in sede o comunque reperibile in tempi rapidi;
- portate l’animale in pensione per periodi brevi prima della vacanza: si potrà abituare e si potrà verificare come reagisce e come viene curato;
- prima della consegna fatelo visitare dal veterinario che ci rilascerà un attestato di buona salute;
- diffidate delle pensioni che non chiedono copia del libretto sanitario o certificazione veterinaria: è probabile che vengano ricoverati anche animali privi di copertura immunitaria
- sottoponete il vostro amico a un trattamento antiparassitario preventivo prescritto da un veterinario in caso si tratti di cane o gatto..
- lasciate sempre un recapito telefonico, per essere raggiunti in caso di problemi
- farsi rilasciare una ricevuta che attesti che avete lasciato la bestiola in custodia presso la pensione
- incaricate un amico di recarsi saltuariamente a fare visita a sorpresa all’animale, per verificare le condizioni di mantenimento.
Ma non siamo ancora soddisfatti…Veniamo ora a spiegare bene cosa vogliamo per il nostro pappagallo:
assicuriamoci che la Pensione sia dotata di SICURE grandi voliere, per i pappagalli, sia di taglia grande (Ara), che di taglia media (cenerini, Amazzoni), che di taglia media piccola (caicchi, pionites etc); i pappagalli di taglia piccola (agapornis o calopsiti, loro possono essere ospitate in voliere di 1,mt x 1,5) .
Le dimensioni delle voliere devono essere varie tutte protette con tetto coibentato, e la rete delle maglie almeno 1×1 cm, la schiena sempre protetta da una lastra in policarbonato. Osserviamo bene che le voliere siano montate, in modo stabile, che diano garanzia di sicurezza e siano a prova di fuga.
Le voliere ovviamente ad uso di un singolo soggetto, e la loro quotazione, va fatta in base alla dimensione dell’animale, questo se non vogliamo che il nostro pappagallo stia in voliere condivise da altre specie.
-mt 6,00 x 4,00 (questa è rilevabile ottima per coppia di ara/ amazzoni/ cenerini);
-mt 1,00 x 5,00,
-mt 1,00 x 3,00
-mt 3,00 x7,00 (ottima per coppia di Ara),
L’alimentazione che giornalmente gli si deve offrire, è con semi di vario tipo, oltre sempre frutta e verdura di stagione. Fatevi dire sempre che marche usano e in casi di particolare bisogno date Voi gli estrusi e i semi che solitamente usate, a volte il cambio di alimenti porta il pappagallo a non mangiare ciò che gli viene dato…Per il loro diletto dovrebbero avere sempre nuovi rametti di ciliegio ed olivo, eucalipto e altro per giocare…
DOCUMENTI CHE DEVONO CHIEDERVI PER FAR ENTRARE IN PENSIONE I PAPPAGALLI
Per i pappagalli VI DEVONO richiedere di far effettuare prima di entrare in pensione la ricerca clamidia e aspergillosi, eventualmente anche estesa a PBDF, oltre esame delle feci e visita veterinaria, chi non vi chiede nulla e’ un’incapace abusivo… SCAPPATE!!! (E DENUNCIATE)
Ovviamente autocertificazione del proprietario che il pappagallo ha un cites
Tutti coloro che riscontrano anomalie in chi non è autorizzato dall’ASL DI COMPETENZA ad effettuare il servizio di PENSIONE ANIMALI può contattare il numero verde gratuito 800253608. Il numero è stato istituito dal Comando dei Carabinieri in accordo con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.
L’autorizzazione a esercitare l’attività deve essere esposta e visibile per i clienti, se non la vedete chiedete di visionarla!!
È attivo anche un indirizzo e-mail per sollecitare l’intervento dei carabinieri : cctass@carabinieri.it
ULTIMI CONSIGLI:
È comunque consigliabile non prendere soltanto i contatti telefonici, ma visitare la pensione di persona per accertarsi che tutte le condizioni e i servizi promossi siano reali. Verificare le condizioni della pensione e la professionalità degli operatori che la gestiscono o ci lavorano è infatti un diritto dell’utente e ricordate sempre di chiedere FATTURA E/O SCONTRINO FISCALE questo significa che l’attività è autorizzata e iscritta al registro della camera di commercio, avrà un’assicurazione (obbligatoria per legge) che copre i danni e risponderà civilmente e penalmente per qualsiasi problema dovesse insorgere con il vostro animale pet.
DIFFIDATE DA CHI NON E’ IN REGOLA E S’IMPROVVISA GESTORE DI “PENSIONE PER ANIMALI”, CONTROLLATE SEMPRE A CHI AFFIDATE IL VOSTRO ANIMALE E SOPRATTUTTO OSSERVATE BENE LA STRUTTURA CHE LO DOVRÀ OSPITARE PERCHÉ MALTRATTARE UN ANIMALE E’ REATO!!
IMPORTANTE
Il maltrattamento degli animali è un REATO, previsto e punito dagli artt. 544 ter e 727 del c.p. e non si tratta più solo di un “delitto contro il patrimonio” (cioè il bene protetto è la proprietà privata dell’animale da parte di un proprietario), come è previsto dall’art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui). La differenza è stata chiarita dalla Cassazione (sentenza n. 24734/2010), che sancisce come il delitto di cui all’art. 544 ter c.p., tutela ora il sentimento per gli animali: con l’art. 638 l’animale era tutelato quale “proprietà” di un terzo soggetto, che risultava essere la parte offesa; ma con l’art. 544 ter, è riconosciuta una condotta lesiva nei confronti dell’animale stesso.
COME ALIMENTO IL MIO PAPPAGALLO
Quando l’argomento alimentazione legato ai nostri pappagalli PET viene trattato sui Social , i post si infiammano, tutti sanno tutto, tutti hanno bagagli di esperienza da raccontare da dietro una tastiera, pochissimi in realtà hanno un’esperienza maturata sul campo.
Da anni mi appassiono all’argomento “alimentazione naturale” a 360°.
Quanto può influire la dieta nel loro comportamento?
Quanto può influire nel modo di interagire nei vari spazi sociali a loro disposizione?
Quanto può influire il cibo nel rapporto uomo-pappagallo ?
Tutte domande che mi sono posto nel tempo e che mi hanno portato a capire che ciò che i nostri amici pappagalli mangiano influisce sul loro modo di rapportarsi quando sono nello stormo o quando interagiscono con il loro compagno-umano o quando sono negli spazi sociali. Proteine, carboidrati, grassi queste sono le tre principali categorie responsabili del loro benessere: le prime due sono imputate alla costruzione della muscolatura, pelle, unghie, piumaggio, il terzo è invece la benzina, l’energia con cui il pappagallo ricava la forza per tutte le attività fisiche, per il volo, per gli aspetti sociali o per la ricerca del cibo. Ritengo non esista una “ottima dieta”, ma piuttosto una dieta corretta, adatta al singolo soggetto; soggetto che avrà delle esigenze diverse sulla base del dove vive, dell’attività fisica che riesce a fare, del sesso, dell’età. Questi sono i principali parametri da tenere in considerazione quando si prepara una dieta per un pappagallo. Pensare o ipotizzare che una dieta naturale comprensiva di frutta, vegetali, insetti, integrazioni naturali si possa classificare una dieta arcaica è ignorare cosa mangiano nel loro habitat i pappagalli; dal momento che non potremo fornire una dieta del tutto uguale a quella che avrebbero nei loro territori, dovremmo comunque ricordarci che sono e rimangono animali selvatici senza alcuna selezione da parte dell’uomo e anche il loro sistema digestivo è legato ad un sistema metabolico adatto ad alimenti naturali. Se ci mettiamo dalla parte del pappagallo, sostituire una dieta naturale con alimenti industriali quanto può essere conveniente? Nessuna convenienza per il pappagallo, ma solo una convenienza da parte del proprietario, visto che non ci sarà la preoccupazione di dover acquistare, conservare, preparare frutta, non si dovranno mettere a germinare semi. Così facendo si otterrà una gestione più veloce del pappagallo ma non si potrà mai avere la certezza sull’appagamento di una tale dieta per il proprio animale e non saremo in grado di far attivare nessun comportamento naturale (ad esempio tenere un frutto con la zampa, ricercare un alimento).
Cereali, vegetali, legumi cotti?
Yogurt e formaggi stagionati?
Questa, per quanto mi riguarda, è la vecchia scuola, una scuola che non teneva e non tiene conto delle necessità alimentari dei pappagalli, non tiene conto di quanti valori nutrizionali vengono persi con la cottura, di quanto un alimento viene trasformato dall’alta temperatura e cosa effettivamente venga metabolizzato dal pappagallo ingerendo questi alimenti. Estrusi, pellets, un grande business dei poteri forti, pratici da consigliare per il loro equilibrio nutrizionale, ma prodotti che non investono in consulenza o conoscenza e ci allontanano dalle effettive necessità alimentari dei singoli soggetti. Ricordiamo sempre che “siamo ciò che mangiamo”, preferire alimenti sani e naturali per i nostri compagni di viaggio sarà sempre il mio primo ed unico obiettivo.
PRINCIPALI MALATTIE DEGLI UCCELLI DA VOLIERA
Potrà sembrare strano ma anche le malattia dei nostri animali sono stagionali!
Si presentano cioè con maggior frequenza in un certo momento dell’anno rispetto ad altri, pur non potendo mai escludere per questo motivo un presentazione “fuori periodo”. Questo fenomeno può avere diverse spiegazioni, alcune più scientifiche ed altre meno.
La saggezza popolare ci insegna come ogni essere vivente sia fortemente ed inevitabilmente condizionato dai cicli lunari. Sono influenzate da questi cicli le piante, ne sono influenzati gli animali uomo compreso.
Ecco a voi un articolo molto ben fatto che ci aiuta a capire e informare su come gestire un uccello malato e cosa fare per prevenire.
VISITA IN ALLEVAMENTO
È la consulenza iniziale e più importante che un Medico Veterinario attua per poter essere di aiuto ad un allevatore che abbia, abbia avuto o semplicemente voglia prevenire malattie e mortalità nel proprio aviario. Serve per stabilire se le condizioni igienico-sanitarie, la pulizia dei locali e le attrezzature siano adeguate. Serve per valutare le condizioni ottimali di illuminazione, umidità, ventilazione e ricambio d’aria. Serve per verificare l’idoneità delle gabbie, mangiatoie e beverini. Senza un ambiente di allevamento corretto, non vi può essere garanzia di salute per i propri animali! La visita permette di indagare con il titolare dell’allevamento sulla gestione dei riproduttori, alimentazione, integratori e trattamenti farmacologici che è solito fare, malattie avute nel passato, ecc. Segue la raccolta dei campioni biologici per gli esami da effettuare in laboratorio.
ESAMI
L’esame più frequentemente richiesto è quello delle feci. In realtà nello “schitto” troviamo sia feci, sia urine, sia il materiale che eventualmente esce dall’apparato genitale, infatti l’orifizio è solo uno! Quando si parla di esame feci andrebbe usato il plurale, perché su di esse si possono fare innumerevoli esami.
Il primo si chiama “coprologico per arricchimento e flottazione” e serve per trovare i parassiti più grandi come: ascaridi, ossiuridi, capillare, tenie, coccidi, …di questi si vedono le uova o le forme infestive al microscopio. Strisciando una piccola quantità di feci su un vetrino e colorandolo con colorazioni speciali si possono vedere al microscopio anche: funghi, lieviti (come Candida), batteri (come E.Coli, Salmonella, Stafilococchi, Streptococchi, Clostridi). Sempre dalle feci, se fresche e raccolte in sterilità, è possibile incubare in apposite piastre in stufa batteri e funghi, per i quali poi si possono stabilire i farmaci più efficaci con l’antibiogramma ed il micogramma. Spesso questo esame è utilizzato per guidare i trattamenti precova. È mia consuetudine consigliare all’allevatore di fare tutti gli esami per avere più informazioni possibili e più armi per combattere la malattia. Altri esami sono i tamponi da lesioni, dal gozzo e dalla cloaca, sui quali è possibile fare sia le colture in stufa, sia l’antibiogramma-micogramma, sia la tipizzazione batterica (cioè dare “nome e cognome”, ossia genere e specie al microrganismo presente nel nostro allevamento). Su uccelli di dimensioni medio-grandi è possibile fare prelievi di sangue, sia per la diagnosi di malattie infettive (es: Polyomavirus, Clamidia, P.B.F.D, Pacheco), sia per controllare la funzionalità degli organi (es. fegato, reni), mediante un esame ematochimico. Esame molto importante è l’autopsia dei soggetti morti. Perché questo esame sia utile per fornire informazioni vanno rispettate alcune regole. L’ideale è fare l’autopsia ad un animale morto da poco, sarebbe quindi indicato portarlo subito dal Veterinario. Se questo non è possibile può essere conservato 24 ore nel frigorifero. Oltre le 24 ore può essere messo in congelatore, dove si conserverà per un tempo lunghissimo, ma molte informazioni andranno perse. A seguito di un autopsia si possono prelevare alcuni organi per farli esaminare da un laboratorio specializzato tramite l’esame istologico che consiste nella microscopia sui tessuti per vedere anche le lesioni più piccole, come ad esempio quelle causate da virus. Il corpo in quest’ultimo caso non deve essere stato congelato.
Fin qui abbiamo visto i mezzi che il Veterinario e l’Allevatore hanno a disposizione per fare una diagnosi di malattia. Vediamo ora la differenza tra un uccello sano ed uno malato.
UCCELLO SANO
Un uccello in buono stato di salute appare già a prima vista con le giuste proporzione corporee in relazione alla sua specie ed alla sua età. È in buono stato di nutrizione, non magro e senza grasso in eccesso. L’addome è roseo o giallo per il deposito di grasso, non si evidenziano aree più scure o le anse intestinali infiammate, il fegato non deborda. I muscoli pettorale sono sopra il livello delle sterno e sono tonici. Il piumaggio è aderente al corpo, completo pulito e lucente. Gli orifizi naturali (bocca, naso, orecchie, cloaca) sono asciutti e puliti, privi di materiale che li imbratti. Le mucose (lingua, palato), sono rosee ed asciutte. È dinamico e vitale, si muove spesso e non resta fermo sul posatoio. Le feci hanno un aspetto normale, il respiro è regolare e mai rumoroso.
UCCELLO MALATO
In quasi tutte le malattie l’uccello manifesta dei sintomi comuni che tenderà a mascherare in presenza di persone vicino alla gabbia poiché in natura è una preda. Il più noto è l’”impallamento”. Consiste in un arruffamento del piumaggio che serve per creare una camera d’aria attorno al corpo utile per tenere più alta la temperatura corporea. L’occhio è spesso socchiuso, con uno sguardo che sembra indicare sofferenza. La posizione sul posatoio è seduta, con le zampe flesse. L’uccello staziona molto, è letargico e di solito mangia e beve di meno. Nei problemi respiratori il respiro può diventare più frequente e rumoroso, in quelli digerenti le feci cambiano di colore e consistenza. Nelle forme gravi l’uccello staziona sul fondo della gabbia, può essere afferrato senza che opponga resistenza, le zampe diventano fredde.
PREVENZIONE
È l’arma migliore in mano all’allevatore. Consiste nel selezionare ceppi rustici, autonomi nella riproduzione, poco consanguinei. Tenere in quarantena tutti i soggetti che tornano dalle mostre ed i nuovi acquisti in un locale separato e con attrezzatura diversa da quella dei riproduttori. Avere massima attenzione per la pulizia e per l’igiene delle attrezzature. Usare frequentemente disinfettanti adeguati (tipo: Candeggina, Amuchina, Stermina). Alimentare gli animali con diete specifiche, variando nell’arco dell’anno secondo le diverse esigenze e fornendo sempre alimenti freschi come frutta e verdura. Vaccinare per le poche malattie per le quali è presente un prodotto specifico. Farsi impostare da un Veterinario specialista in Patologia Aviare un protocollo fitoterapico (che prevede cioè l’uso di estratti di piante) specifico per il proprio allevamento per tenere sotto controllo le principali malattie alle quali i nostri animale possono andare incontro.
PRINCIPALI MALATTIE
Le malattie degli uccelli da gabbia e voliera possono essere classificate a seconda dell’agente eziologico, cioè del responsabile della malattia.
Si conoscono molti tipi di microrganismi capaci di causare malattie, alcuni specifici di determinate specie, altri potenzialmente pericolosi per molti generi aviari.
Vediamo sinteticamente le diverse classi tassonomiche di agenti eziologici che causano malattie.
MALATTIE BATTERICHE
Una delle più frequenti è sicuramente la Colibacillosi. Causata da E. Coli, microrganismo ubiquitario, presente cioè un po’ dappertutto, è una classica tecnopatia.
La presenza costante di questa malattia anno dopo anno in un allevamento sta a significare che le tecniche di gestione degli animali sono scorrette (es. igiene, gabbie, alimentazione). E. Coli è presente in molti tipi/sierovarianti e solo raramente riesce ad aggredire uccelli sani e robusti. Spesso approfitta di condizioni latenti di carenze e debilitazione per attaccare gli uccelli, specialmente nelle fasi più delicate di imbecco e muta. La sintomatologia più comune è la perdita dei nidiacei nella prima settimana di vita. Altra malattia batterica piuttosto comune è la Salmonellosi. Causata da batteri chiamati Salmonelle, si manifesta solitamente con la classica diarrea, mortalità e riduzione della fertilità. Stafilococchi e Streptococchi possono causare sia sintomi digerenti (diarrea) sia respiratori (asma). I Mycoplasmi danno sinusite (occhi gonfi), problemi riproduttivi e respiratori. Negli uccelli da cortile ornamentali e nei pappagalli anziani è possibile rinvenire la Tubercolosi Aviare. Particolarmente resistente agli antibiotici è lo Pseudomonas, facilmente rinvenibile nei beverini poco puliti nei quali crescono alghe. Le malattie batteriche sono moltissime e molto frequenti negli uccelli fa gabbia e voliera. In virtù dei trattamenti fatti senza affinare la diagnosi e in prevenzione su animali sani, si sono creati moltissimi ceppi batterici resistenti a molte molecole antibiotiche un tempo efficaci. Gli errori più comuni sono quelli di usare gli antibiotici senza controllo veterinario, per un tempo insufficiente, con un dosaggio errato o in animali che non ne hanno bisogno. Per questo è molto importante rivolgersi per la diagnosi e terapia ad un Veterinario o Istituto Zooprofilattico competente per la specie animale in questione e seguire scrupolosamente le indicazione terapeutiche. Spesso si rende necessario l’antibiogramma, cioè la prova in laboratorio degli antibiotici che meglio funzionavano su quel particolare batterio isolato nell’allevamento in questione.
MALATTIE FUNGINE
Le malattie causate da funghi microscopici sono piuttosto frequenti in allevamento, specialmente se le condizione ambientali poco igieniche a causa dell’umidità, se la selezione è molto spinta, se vengono fatti trattamenti antibiotici frequenti. Una delle più frequenti è la Candida (Mughetto), che causa perdite soprattutto tra i giovanissimi.
In ambienti bui può svilupparsi la tigna cutanea e delle penne. In ambienti poco ventilati e con maggior frequenza nei Falchi e nei Pappagalli Cenerini può diffondersi l’Aspergillosi polmonare, patologia drammatica perché difficilmente curabile e molto invalidante. Caratteristica del Canarino, ma presente anche in altri uccelli, la Megabatteriosi (o Micosi 80), è una malattia emergente. Causa un dimagrimento progressivo in animali che mantengono un appetito vorace, fino a causarne la morte dopo settimane o anche mesi. Può essere curata solo con Acqua ossigenata (terapia suggerita dal Dott. Figurella). Il protocollo prevede 3% 10 vol. di 50ml/litro di acqua di bevanda per almeno 10 giorni.
MALATTIE VIRALI
Come accade anche in Medicina Umana, i virus sono microrganismi contro i quali abbiamo ancora meno armi. Ecco quindi che l’unica vera risorsa è la vaccinazione quando presente; la profilassi igienico-sanitaria in tutti gli altri casi. I vaccini per gli uccelli da esposizione sono purtroppo ancora molto pochi. Nel Canarino esiste quello per il Vaiolo. Per i Pappagalli ce no sono negli Stati Uniti d’America ma per ora non è possibile portarli in Italia. Per gli ornamentali da cortile si possono usare gli equivalenti per pollame da carne e uova. Per tutti esiste il vaccino per la Pseudopeste Aviare in aerosol o in gocce da mettere nell’occhio. Nei Pappagalli sono efficaci e vivamente consigliabili dei test da fare prima di acquistare un soggetto, specialmente se di valore economico notevole. Consistono in un test sul sangue per accertarsi che non sia un portatore asintomatico di: Polyomavirus e Malattia del becco e delle penne (P.B.F.D.). Ara, Cenerini e Amazzoni più di altri pappagalli sono soggetti ad una malattia virale che causa la dilatazione e conseguente mal funzionamento del proventricolo (P.DS.). I Conuri del genere Aratinga possono essere infetti da Retrovirus che causano ingenti perdite di sangue, che vanno sotto il nome di “Sindrome Emorragica dei Conuri”. L’influenza aviare, della quale tanto si è parlato quest’anno, è una malattia virale più frequente negli Anseriformi. Una delle possibili cause del “punto nero” (evidenziazione della cistifellea piena di bile) dei Canarini con mortalità nella prima settimana di vita è un virus chiamato Circovirus per la sua forma a ruota al microscopio elettronico.
PROTOZOI
Una malattia protozoaria da non trascurare è la Toxoplasmosi, particolarmente pericolosa nel caso di donne in gravidanza. Il soggetto colpito staziona sul posatoio con occhi socchiusi, perde peso, si dimostra letargico, ha piumaggio arruffato e tende a perdere la vista. Meno frequente, diffuso soprattutto nelle Calopstitte, la Guardia causa dapprima diarrea acquosa, successivamente sintomatologia neurologica per carenza di vitamine del gruppo B.
COCCIDI
Anche se possono essere comprese nel gruppo precedente, data la loro fama meritano una trattazione a parte. Infatti di coccidi tutti parlano, ma spesso le notizie sono inesatte. I coccidi sono microrganismi che nella loro forma classica vivono all’interno delle cellule della mucosa intestinale. Per liberarsi ed uscire con le feci per infettare altri uccelli devono rompere la cellula e così facendo possono causare diarrea. Solitamente quindi causano diarrea e calo di peso nell’uccello. In alcuni casi e con maggior frequenta nei Silvani, possono entrare nel sangue ed andare a colonizzare il fegato e la milza. Quest’ultima evenienza è naturalmente più grave ed a rischio di vita per l’animale. I farmaci più utilizzati per la cura della coccidiosi sono i Sulfamidici. Questi non uccidono il Coccidio, ma ne impediscono la replicazione. A dosaggi alti o con somministrazioni per tempi prolungati possono dare Sindrome Emorragica, con perdita di sangue dagli orifizi naturali (cloaca, naso, bocca). Molto più moderni ed efficaci (uccidono i Coccidi!) sono i principi attivi: Clazuril e Toltrazuril, commercializzato con il nome di Appertex e Baycox. Personalmente utilizzo il Baycox 2,5%, a dosaggio da 1 a 2 ml per litro d’acqua, per un numero di giorni variabile da 1 a 7, consecutivi o spezzati, a seconda della patologia in oggetto.
PARASSITI
I vermi intestinali tondi, come gli Ascaridi, gli Ossiuridi, le Capillarie, sono più frequenti in uccelli di cattura, nei grossi Pappagalli e nei Parrocchetti Australiani. Le Tenie sono piuttosto rare, e necessitano di gabbie con fondo in terra. Frequenti gli acari delle penne e della pelle, facilmente trattabili con gli spray in commercio a base di Piretroidi potenziati con Piperonil Butossido (es. Neoforactil). Molto utilizzato dagli allevatori di Fringillidi nel periodo che precede le cove, il Frontline (prodotto spot-on per Cani e Gatti) è un valido ausilio nelle giuste dosi per i parassiti esterni. Per colpire contemporaneamente parassiti interni (es. Acaro respiratorio) ed esterni, validissimo risulta l’Ivomec (prodotto iniettabile per Bovini-Suini). Per poterlo usare con sicurezza si diluisce nove volte con il Glicole Propilenico (es.: 1 ml di Ivomec con 9 ml di Glicole Propilenico). Può essere utilizzato sia appoggiandolo sulla pelle sia per bocca nelle giuste dosi.
SCONOSCIUTE
Molte malattie degli uccelli sono ancora sconosciute, non studiate per carenze di fondi per la ricerca in questo ambito. Ad es. la Malattia degli occhi gonfi del Canarino, è ancora un’incognita per la trasmissione, terapia e profilassi.
CARENZE-ECCESSI ALIMENTARI
È un problema molto frequente a causa della poca letteratura scientifica esistente sull’argomento “alimentazione degli uccelli”. L’eccesso di grassi crea grossi problemi al fegato. L’eccesso di proteine è causa di gotta viscerale o articolare. Carenze o eccessi di talune vitamine possono produrre gli stessi danni, attenzione alle integrazioni vitaminiche a caso! I Merli indiani e le Vedove del Paradiso sono soggette a Malattia da accumulo di ferro nel fegato e in tutti i tessuti dell’organismo, malattia cronica che le conduce spesso alla morte. Il Cenerino ed in generale i Pappagalli Africani necessitano in cattività di un maggior apporto di Calcio e Vitamina D3. I Pappagalli dei Fichi invece necessitano di un maggior apporto di Vitamine K.
PSICOLOGICHE
Più frequenti nei Pappagalli ed in generale in uccelli intelligenti. Le più diffuse la Autodeplumazione dei Pappagalli, la Pica descritta nel Canarino, lo sbattere la testa sulle gabbie di Quaglie, Rapaci, Cardellini.
GENETICHE
Lumps, Cecità nel primo anno di vita di Canarini (Norwich, Arricciati), e Diamanti Mandarino Guancia Nera, Splay Legs (spaccata) dei pullus, dita girate nei Fringillidi ed Estrildidi, tremori dalla nascita ed incapacità di mantenere ferma la testa. Sono patologie genetiche che emergono con l’uso eccessivo della consanguineità.
TRAUMATICHE
Bumblefoot, cioè ulcerazione delle zampe, particolarmente frequenti nel Falco Pellegrino. Fratture e Lussazioni.
TUMORALI
Molto frequenti nei Pappagallini Ondulati adulti-anziani. Carcinomi epatici e renali i più frequenti. Nei Lori si conosce una predisposizione verso i tumori del fegato.
CONCLUDENDO
- LA DIAGNOSI DELLE MALATTIE, NELL’UOMO COME NEGLI ANIMALI E’ COMPITO DEL MEDICO. NEL CASO DEGLI UCCELLI ORNAMENTALI E’ IMPORTANTE ESSERE SEGUITI DA UN MEDICO VETERINARIO SPECIALISTA, CHE SI DEDICHI SPECIFICATAMENTE ALLA CURA DI QUESTI ANIMALI.
- NON ESISTONO TERAPIE, ANTIBIOTICI, PRECOVA, … UNIVERSALEMNTE VALIDI. OGNI ALLEVAMENTO HA LE SUE PROBLEMATICHE E QUINDI LA TERAPIA “DEL VICINO” O “DI MODA” NON E’ MAI QUELLA GIUSTA.
- NON ESISTE IL FARMACO CHE RISOLVE, SE I PROBLEMI SONO GESTIONALI, DI ALIMENTAZIONE, DI AMBIENTE O DI TECNICHE DI ALLEVAMENTO.
- PER UNA DIAGNOSI CORRETTA E QUINDI PER RISOLVERE IL PROBLEMA, BISOGNA RICHIEDERE UNA VISITA, GLI ESAMI E ACCERTAMENTI DEL CASO. NON E’ POSSIBILE FARE UNA DIAGNOSI PER TELEFONO, SENZA AVER VISTO GLI ANIMALI O L’ALLEVAMENTO, SENZA AVER FATTO ALCUN ESAME SUI SOGGETTI O SUI MATERIALI ORGANICI.
Un grazie per la condivisione al dr. Diego Cattarossi (direttore sanitario)
DVM, PhD, Veterinario accreditato Fnovi per la cura degli animali esotici. Pubblicazioni e Relazioni svolte
ALCUNI SINTOMI E STATI PATOLOGICI
SINTOMI | QUADRO SINTOMATOLOGICO RIEPILOGATIVO STATI PATOLOGICI |
---|---|
Ali e coda cadenti o abbassantisi ritmicamente | Streptococcosi, Tifosi, Osteo-artrite, Polmonite, Verminosi del tubo digerente |
Addome sporgente e globuloso | Ptosi addominale |
Anemia | Leucosi. Plasmodiosi, Piroplasmosi, Streptotricosi, Pseudomoniasi |
Apertura ritmica del becco | Bronchite infettiva |
Arrossamento dei margini delle palpebre | Bleferite |
Arti deboli claudicanti | Listeriosi, Osteo-artrite, Artrite, Gotta, Reumatismi, Insufficienza cardiaca, Capogiro |
Articolazioni gonfie, dolenti | Artrite, Osteo-artrite, Reumatismi, Gotta, Stafilococcosi |
Barcollamento | Colera, Colibacillosi, Intossicazione, Pasteurellosi, Setticemia, Stafilococcosi, Encefalomielite, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco |
Bava sanguigna | Tic dei canarini |
Becco e zampe scoloriti | Anemia, Emoproteosi, Pseudomoniasi |
Becco socchiuso | Asma, Acarisi respiratoria, Aspit, Influenza, Streptococcosi, Vermi della trachea |
Capo spostato lateralmente, collo torto | Capogiro, Infiammazione dell’orecchio, Listeriosi, Botulismo |
Catarro | Bronchite, Aspergillosi, Influenza |
Cloaca incrostata di feci | Colibacillosi, Salmonellosi |
Convulsioni | Epilessia, Insufficienza cardiaca, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco Peste aviaria, Uremia |
Cresta e bargigli bluastri, cianotici | Istomoniasi, Monocitosi |
Diarrea | Dissenteria, Colera, Colibacillosi, Verminosi del tubo digerente, Tifosi, Salmonellosi, Pseudomoniasi, Peste, Tubercolosi, Stomatite, Nefrite, Tigna, Osteo-artrite, Necrosi, Enterite, Aspergillosi, Listeriosi, Leucosi, Leucocitozoosi, Piroplasmosi, Rouget, Spiropterosi, Pseudopeste, Avvelenamenti, Botulismo, Brucellosi, Candidosi, Mal rossino, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco, Spirochetosi, Toxoplasmosi |
Diarrea acquosa, fetida, biancastra, giallastra, verdastra, emorragica | Monocitosi, Coccidiosi, Isosporosi, Pseudomoniasi, Streptococcosi, Metasalmonellosi, Istomoniasi, Intossicazione, Pasteurellosi, Setticemia, Stafilococcosi, Teniasi, Colera, Peste, Colibacillosi, Enterite emorragica, Tricomoniasi |
Difficoltà o incapacità di volo | Degenerazione grassa del fegato |
Dimagrimento rapido o progressivo | Colera, Colibacillosi, Leucosi, Salmonellosi, Stomatite, Streptococcosi, Tubercolosi, Dispepsia, Verminosi del tubo digerente, Fame canina, Avitaminosi, Spiropterosi, Streptotricosi, Tricomoniasi, Displasia della tiroide, Piroplasmosi |
Escrementi secchi, viscosi | Dipepsia, Stipsi, Obesità |
Essudato sieroso sulle palpebre | Streptococcosi |
Essudato viscido corporeo | Enterite dei nidiacei |
Evaquazione stentata | Enterite, Catarro gastrico, Stipsi |
Gozzo gonfio | Sopraccarico ingluviale |
Inappetenza (anoressia) | Colera, Colibacillosi, Nefrite, Gotta, Verminosi del tubo digerente, Influenza, Salmonellosi, Coccidiosi, Isosporosi, Stomatite, Streptococcosi, Dipsepsia, Necrosi, Stafilococcosi, Streptotricosi, Leucosi, Leucocitozoosi, Listeriosi, Enterite, Stipsi, Istomoniasi, Intossicazione, Pasteurellosi, Setticemia, Botulismo, Candidosi, Metasalmonellosi, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco, Peste aviaria, Pseudotubercolosi, Tricomoniasi, Uremia |
Incrostazioni squamose | Tigna |
Incrostazioni sulle zampe | Acariosi, Scabbia o rogna |
Instabilità | Arteriosclerosi, Saturnismo |
Irrequietezza | Acarisi varie del piumaggio |
Lamelle biancastre sulle piume | Acarisi deplumante |
Lingua con apice esiccato | Pipita |
Macchie epidermiche | Itterizia |
Mucosa orale con granulazioni | Tricomoniasi |
Mucose cianotiche | Rouget, Mal rossino |
Mucose decolorate | Plasmodiosi, Streptotricosi, Leucosi, Piroplasmosi, Stafilococcosi |
Muco schiumoso da bocca e nari | Peste aviaria |
Necrotizzazione delle zampe | Cancrena secca, Rouget |
Occhi infiammati, gonfi, lacrimosi | Diftero-vaiolo, Laringo-tracheite, Influenza, Peste, Sinusite, Pseudomoniasi, Listeriosi, Tubercolosi, Osteo-artrite |
Occhi semichiusi | Coccidiosi, Isosporosi |
Occhio opaco | Cataratta |
Paralisi, tremori | Colera, Colibacillosi, Botulismo, Peste, Listeriosi, Tic dei canarini, Encefalomielite, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco, Peste aviaria, Leucocitozoosi, Pseudotubercolosi, Spirochetosi |
Perdita di conoscenza | Epilessia, Insufficienza cardiaca, Insolazione |
Perdita di piume | Falsa muta, Muta francese, Favo, Acarisi deplumante, Avitaminosi, Tigna |
Placche nel cavo orale | Stomatite, Candidosi |
Prostrazione | Peste aviaria, Pseudopeste, Rouget, Singamosi, Tubercolosi |
Prurito, nervosismo | Acarisi |
Pustole, ascessi | Diftero-vaiolo, Blastomicosi, Itterizia, Punture di zanzara |
Rantolo respiratorio | Tracheo-bronchite, Bronchite infettiva |
Raschiamenti di gola | Acarisi respiratoria |
Respirazione difficoltosa, affannosa, fischiante | Colibacillosi, Colera, Bronchite infettiva, Polmonite, Acarisi respiratoria, Aspit, Peste aviaria, Pseudopeste, Tricomoniasi, Rouget, Diftero-vaiolo, Salmonellosi, Sinusite, Streptococcosi, Tubercolosi, Stomatite, Osteo-artrite, Asma, Aspergillosi, Laringo-tracheite, Candidosi, Influenza, Mal rossino, Pseudotubercolosi, Obesità |
Rigonfiamenti | Enfisema, Edema |
Scolo di muco da becco e nari | Colera, Colibacillosi, Influenza, Corizza, Diftero-vaiolo, Stomatite, Aspergillosi, Laringo-tracheite |
Scolo purulento da nari e occhi | Sinusite |
Scuotimento del capo | Stomatite, Infiammazione dell’orecchio |
Sete intensa | Colera, Colibacillosi, Aspergillosi, Enterite, Gotta, Salmonellosi, Streptococcosi, Verminosi del tubo digerente, Pseudopeste, Stafilococcosi, Setticemia, Intossicazione, Psteurellosi, Adenoma cronofobo, Saturnismo, Pseudopeste, Ornitosi-Psittacosi, Male di Pacheco |
Sete mancante (adipsia) | Disidratazione, Necrosi |
Soffovamento (sintomi di) | Singamosi |
Starnuti, tosse, rantoli | Influenza, Polmonite, Sinusite, Aspergillosi, Laringo-tracheite, Ostruzione o verme della trachea, Tracheo-bronchite, Displasia della tiroide, Singamosi |
Tumefazioni | Blastomicosi, Edema, Nefrite |
Tumori polposi molli | Rinosporidiosi |
Ulcerazioni della cavità orale o cutanee | Tubercolosi, Tularemia |
Ventre gonfio, infiammato, arrossato | Aspit, Catarro gastrico, Enterite, Salmonellosi |
Verruche | Escrescenze cornee o verrucose, Tubercolosi |
Vesciche | Blastomicosi |
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TRATTO DA “Le malattie degli uccelli da gabbia pronto soccorso e cure” di Vittorio Menassé De Vecchi Editore ed.1979
PATOLOGIE COMPORTAMENTALI DEL PAPPAGALLO: PAPPAGALLI CHE SI AUTODEPLUMANO
Quante volte mi si chiede: perché il mio pappagallo di depluma? Da cosa dipende? Ha tutto quello che vuole, cibo ottimo, una bella gabbia, tanti giochi, noi tutti lo amiamo. Vediamo di capire perché, a seguire condivido un articolo scritto da una veterinaria che con un linguaggio scientifico e competenze mediche vi spiega ad integrazione del post come e perché il pappagallo si depluma, punti di vista molto simili quelli di un trainer comportamentista e di un veterinario aviario anche se sul discorso farmaci mi astengo da esprimere la mia opinione poiché ogni caso deve essere visto come un caso a sé e la mia competenza in materia NON mi porterà MAI a consigliare un farmaco se prima non vi è stata visita veterinaria che ne attesta e prescrive il bisogno. E’ importante che ci sia sempre la collaborazione del veterinario con il comportamentista per avere i migliori risultati di guarigione!!!
Nei pappagalli in cattività capita con una certa frequenza di osservare casi di “autodeplumazione”, fenomeno con cui si intende una qualsiasi distruzione delle penne auto inflitta. Potrebbe trattarsi dello strapparsi completamente le penne con il becco o la zampa, morderle alla base, strapparne dei pezzetti, o strappare le barbule dal rachide centrale. In casi molto gravi il pappagallo giunge anche a procurarsi gravi ferite e mutilazioni.
Vediamo alcuni casi:
Cattiva gestione
L’autodeplumazione è legata alla condizione di cattività (in particolare nei soggetti “pet” tenuti in singolo esemplare) dal momento che in natura nessun pappagallo si sognerebbe mai di strapparsi le piume. All’origine dell’autodeplumazione ci possono essere cause mediche (infezioni, malattie, intossicazioni e altro), e cause non mediche. Le cause strettamente mediche andrebbero ricercate dal veterinario specialista, che potrà porre rimedio con terapie idonee o, in alternativa, orientare la diagnosi verso una o più cause d’origine “gestionale”. Nella maggior parte dei casi, infatti, il pappagallo che si depluma viene mal gestito dal suo proprietario che non tiene conto delle esigenze del volatile.
Amici (quasi) selvatici
I pappagalli non hanno subito un processo di domesticazione come altre specie: anche quelli che nascono in cattività, quindi, restano per molti versi simili ai loro parenti selvatici. I pappagalli in natura percorrono spesso lunghe distanze per raggiungere i siti di alimentazione con un notevole dispendio di energia, compensato dalla scelta di cibi molto energetici. L’atavico comportamento alimentare induce anche in cattività i pappagalli a nutrirsi degli alimenti più energetici come, ad esempio, i semi di girasole, le arachidi e le noci. Sfortunatamente si tratta di cibi troppo calorici per animali che non svolgono neanche lontanamente il movimento che farebbero in natura; sono inoltre cibi poveri di importanti elementi nutritivi e che predispongono a diverse patologie oltre che all’autodeplumazione.
Volere volare
Nei pappagalli tenuti in casa la possibilità di volare è ovviamente molto ridotta. Se è vero che molti pappagalli in cattività hanno meno bisogno di volare dato che il cibo è a portata di becco, è anche vero che allontanarsi in volo in risposta ad una condizione avversa è un comportamento naturale per un pappagallo e la sua privazione può causare una condizione di stress ricorrente. Ciò è particolarmente vero per i pappagalli ai quali vengono tagliate le penne remiganti per impedire il rischio di fuga. Oltretutto i monconi delle remiganti tagliate possono dar fastidio al pappagallo che potrà essere invogliato a rosicchiarle innescando il processo di autodeplumazione.
Un compagno per la vita
I pappagalli sono uccelli sociali che in natura vivono in stormi e sono strettamente monogami. Durante il periodo riproduttivo gli ormoni sessuali raggiungono il picco, ma durante il resto dell’anno rimangono ad un livello basso. In cattività, invece, il pappagallo che non ha possibilità di contatti con suoi simili individua in un membro “umano” della famiglia il proprio partner. Raggiunta la maturità sessuale i suoi picchi ormonali sono mantenuti per un periodo molto più lungo rispetto a ciò che avviene in natura dal momento che numerosi possono essere gli stimoli alla riproduzione (contatto frequente con il partner umano, presenza di cibo in abbondanza, presenza di siti considerati adatti alla nidificazione come scatole, scaffali di librerie o cassetti).
Frustrati
Il pappagallo, frustrato nella riproduzione, può così sviluppare un atteggiamento aggressivo verso gli altri ed autolesivo verso se stesso. In questi casi è bene ridurre i contatti “intimi” col pappagallo (come farsi rigurgitare cibo, tenerlo sulla spalla o accarezzarlo sulla groppa) invitandolo invece al gioco e dandogli oggetti con cui distrarsi. I pappagalli amano molto giocare con oggetti che possono rompere, attività che li distoglie dal mangiucchiare le proprie penne.
Una questione di rispetto
La maggior parte dei pappagalli proviene da paesi tropicali caratterizzati da un alto tasso di umidità. In cattività è opportuno permettere loro di bagnare il piumaggio, come minimo una volta alla settimana. Molti casi di autodeplumazione si risolvono semplicemente aumentando il numero di bagni. Anche il riposo è molto importante per i pappagalli e dovrebbero essere garantite loro 9-10 ore di sonno.
In conclusione, comprendere le esigenze del pappagallo è fondamentale per prevenire l’autodeplumazione così come vari altri disturbi comportamentali. Correggere una gestione non idonea permette spesso di risolvere i casi di beccaggio delle penne, anche se talora occorrono tempi prolungati e… tanta pazienza.
IL PARERE DEL VETERINARIO – Dott.ssa Marzia Possenti
L’Autodeplumazione
E’ importante precisare che la diagnosi di autodeplumazione di origine psicogena si può effettuare unicamente con un iter complesso, che prevede l’esclusione di tutte la cause organiche che possono presentare come sintomo questo comportamento, ma è altresì importante ribadire che un’analisi completa ed esaustiva del management ambientale, alimentare e famigliare di un paziente aviare, in particolare un pappagallo, non può prescindere dall’aspetto etologico. E’ vero che la maggior parte dei problemi di autodeplumazione riconosce cause organiche, ma bisogna considerare lo stato di malessere e spesso di ansia che accompagna la malattia e che ne può peggiorare il quadro sintomatico e prolungare i tempi di risoluzione, o peggio ancora causare delle ricadute in un soggetto guarito. E’ dunque fondamentale mettere in atto le dovute modifiche ambientali e di gestione per andare incontro alle esigenze etologiche del paziente, in modo da fornirgli tutti i mezzi per una rapida guarigione. Bisogna considerare che l’autodeplumazione psicogena è un sintomo di una patologia comportamentale più ampia, un segno associato costantemente con uno stato ansioso che può accompagnare le più diverse patologie comportamentali. Una caratteristica fondamentale di questo comportamento è che inizia sempre come un’ipertrofia del comportamento di pulizia: il pappagallo si pulisce le penne e se le liscia per un tempo sempre più lungo e con sempre maggior insistenza, fino a provocarsi delle lesioni delle barbule esterne della penna. Le lesioni progrediscono sempre più verso il calamo, che infine viene strappato via dalla cute. Il processo può evolvere ulteriormente, poiché il soggetto può arrivare a provocarsi delle lesioni cutanee molto serie, che s’infettano facilmente provocando dolore e prurito e dunque dando inizio ad un circolo vizioso, in cui il prurito è determinato anche dalla ricrescita delle penne strappate. Il comportamento di pulizia può iniziare come un rituale oppure come un comportamento di sostituzione. Nel primo caso il pappagallo impara che pulendosi attira l’attenzione del proprietario ed utilizza quindi la pulizia per poter comunicare con lui. Il rituale è un tipo particolare di comunicazione: è rigido, preimpostato, non adattabile e viene considerato patologico. Nel caso degli psittacidi affetti da autodeplumazione spesso sostituisce la comunicazione corretta poiché questa manca o è eccessivamente ridotta. Molto spesso il proprietario non è in grado di far fronte alle esigenze comportamentali del pappagallo, in particolare per alcune specie che necessitano di una continua comunicazione con il gruppo come il cenerino, e dunque il pappagallo apprende ad utilizzare un metodo alternativo per comunicare. Il comportamento di sostituzione invece viene messo in atto quando l’animale si trova in uno stato di tensione emotiva: paura, ansia, eccitazione sono alcuni esempi. Secondo alcune teorie di neurofisiologia alcuni comportamenti provocano il rilascio di endorfine quando vengono messi in atto: il leccamento, il mordicchiamento ed in generale i comportamenti centripeti legati alla sfera del self-grooming (pulizia personale) hanno questo effetto. Un buon metodo per differenziare questi due tipi di patogenesi dello stesso disturbo è chiedere se il paziente, almeno nelle prime fasi, lo attuava soltanto in presenza di una o più persone specifiche: in questo caso è probabile che si tratti di un rituale, a meno che il paziente non presenti un difetto di socializzazione e di conseguenza una fobia sociale nei confronti delle persone davanti alle quali di depluma. In entrambi i casi il comportamento può evolvere in stereotipia, ovvero trasformarsi in un problema decisamente serio. La stereotipia è un comportamento rigido, presentato totalmente fuori contesto, caratterizzato da una forte motivazione endogena. In altre parole un animale che presenta una stereotipia non si fermerà se viene bloccato, chiamato o se si cerca d’interagire con lui, poiché la motivazione a proseguire il comportamento è maggiore di quella d’interagire con il mondo circostante. Questi comportamenti vengono considerati delle complicazioni nello sviluppo di una patologia comportamentale, di solito accompagnano il passaggio da ansia intermittente (meno grave) ad ansia permanente (molto più grave) e sono quindi segno che una patologia comportamentale è presente da molto tempo, anche se nei pappagalli lo sviluppo delle patologie comportamentali è molto più rapido che nei mammiferi. Alcune specie presentano questo comportamento con maggiore frequenza, probabilmente in relazione alla maggiore complessità delle esigenze etologiche e quindi alla difficoltà del proprietario a farvi fronte. Uno studio preliminare sembrerebbe indicare che non ci sono maggiori tendenze a sviluppare autodeplumazione, così come altre patologie comportamentali, in soggetti di cattura rispetto a quelli allevati a mano, sembrerebbe anzi il contrario. Poiché il pappagallo è una specie fortemente sociale, con le dovute differenze fra le singole specie, l’indagine anamnestica va rivolta soprattutto alle interazioni con il gruppo di cui fa parte, poiché molto spesso sono l’elemento chiave sia per la comparsa della patologia che per la sua cura. Certo non vanno trascurati altri elementi ambientali come la gabbia, l’arricchimento ambientale, il rispetto dei ritmi circadiani e circannuali, l’alimentazione, ma la modificazione di questi elementi, nel caso non rispettino l’etogramma di specie, è molto più semplice e richiede meno tempo ed impegno di quanto non implichi la variazione dei rapporti sociali fra i membri del gruppo. In effetti è raro che l’autodeplumazione di origine psicogena si riesca a curare unicamente con delle modifiche gestionali. Queste modifiche sono alla base del benessere psicologico ed organico del pappagallo e vanno quindi effettuate prima possibile, ma molto spesso non risolvono il problema perché non sono sufficienti ad eliminare completamente lo stato ansioso cui l’autodeplumazione si accompagna e che, nella stragrande maggioranza dei casi, è causata da problemi di relazione con il gruppo famigliare, con i conspecifici o con “estranei” che frequentano spesso l’ambiente di vita del pappagallo. In conclusione la chiave per comprendere la patogenesi e la terapia di questa patologia sta proprio nel non considerarla tale, ma unicamente un sintomo di una forma patologica più complessa che coinvolge molto spesso la relazione con i membri del gruppo, o comunque le esigenze sociali del pappagallo. Dato che i pappagalli tendono a presentare molto precocemente l’autodeplumazione, spesso ancora in associazione ad ansia intermittente (anche se non ancora a livello di stereotipia), questo tipo di problema può essere risolto con le modifiche, ma se alla visita dovessero evidenziarsi problemi relazionali o stati fobici difficilmente il comportamento si estinguerà solo con queste precauzioni, ed è bene che il terapeuta ne sia ben conscio e ne informi i proprietari.
La terapia dell’autodeplumazione
Per l’autodeplumazione è fondamentale la terapia farmacologica, soprattutto se il paziente tende alla depressione, per rilanciare i comportamenti. Tutti i farmaci descritti nel capitolo sulla terapia dell’ansia sono validi per l’autodeplumazione, considerando che si tratta di un sintomo di ansia permanente o parossistica. Il farmaco viene prescritto in base alla patologia comportamentale presente. Inoltre l’arricchimento ambientale qui deve essere rivolto soprattutto all’attività alimentare, poiché è dimostrato che i pappagalli tendono ad autodeplumarsi maggiormente se non devono passare molto tempo a procurarsi il cibo. E’ dunque importante rendere il cibo non facilmente raggiungibile. A questo scopo si possono sia acquistare giochi appositi, i cosiddetti giochi intelligenti o rompicapo per pappagalli, sia costruire dei meccanismi fatti in casa. Si può utilizzare l’interno dei rotoli dello scottex e della carta igienica riempiti di cibo e poi appallottolati, mescolare gli estrusi con fieno, pezzi di carta o trucioli, fare dei buchi di diverse dimensioni in una scatola da scarpe e metterci del cibo molto appetito assieme ad altro materiale, fare dei cartocci in cui avvolgere alcuni estrusi o della frutta. E’ importante controllare che i giochi, anche quelli acquistati, non contengano parti zincate o vernice con piombo e che non abbiano parti di plastica o metalliche che il pappagallo potrebbe staccare ed inghiottire. E’ fondamentale che i giochi vengano presentati dal gruppo famigliare ed esplorati assieme al paziente prima di lasciarglieli a disposizione e che vengano inizialmente utilizzati materiali ed oggetti conosciuti, soprattutto nei pazienti con sindrome da privazione sensoriale o fobie. E’ importante anche che il pappagallo dorma almeno 12 ore a notte in un luogo silenzioso e che rimane buio per tutto il tempo, si può anche dedicare a questo scopo una gabbia piccola e pressoché spoglia, posizionata in una stanza tranquilla dove non entra nessuno per tutta la notte, in cui mettere il pappagallo soltanto quando deve dormire. Ovviamente sarà importante individuare la patologia comportamentale che ha indotto lo stato ansioso permanente ed effettuare una terapia in questo senso, non è possibile trattare l’autodeplumazione come una patologia a se stante perché non lo è.
Fonte 1 : SIVAE
Settore: Animali esotici
Disciplina: Etologia-Terapia comportamentale
“Medicina del comportamento di cani, gatti e dei nuovi animali da compagnia“ edito da Poletto editore.
Ansia, disturbi dell’attaccamento, difetti di socializzazione, fobie tra gli argomenti del Corso di medicina comportamentale SIVAE
La raccolta anamnestica in corso di visita comportamentale avviene suddividendo i comportamenti con la stessa metodica utilizzata nella classificazione dei comportamenti normali: si distinguono dunque il comportamento alimentare, dipsico, somestesico, sessuale, eliminatorio, di aggressione, il sonno e il gioco. Per meglio comprendere la relazione con il proprietario si chiede anche la descrizione di una “giornata tipo” del paziente. Il metodo di classificazione delle patologie, o nosografia, fa riferimento alla teoria elaborata da Patrick Pageat, che ha forti legami con la psichiatria.
L’ansia
Molto frequentemente negli psittacidi ad un’entità nosogafica si associa uno stato ansioso, in alcune patologie come i problemi di socializzazione o le fobie è quasi una costante. L’autodeplumazione si accompagna pressoché costantemente con l’ansia, anche se non sono presenti altri elementi dell’ansia permanente come l’inibizione o la riduzione delle attività, o non sono molto evidenti. Spesso l’inibizione diventa evidente durante il percorso riabilitativo: una volta che al paziente viene permessa una corretta espressione dei comportamenti ci si rende conto di quanti di essi fossero assenti o decisamente inibiti. Spesso i casi di ansia parossistica sono legati ad episodi di grave autodeplumazione o addirittura autolesionismo improvvisi e di varia durata. Poiché in queste specie mancano i più classici segnali di stress come leccamento delle labbra e schiocco della lingua, la diagnosi dello stato ansioso si dimostra decisamente più complicata. I segnali di maggior interesse sono dunque l’ipervigilanza, l’irrequietezza (pacing e cambio continuo di peso sugli arti), la variazione particolarmente frequente del diametro pupillare o la costante presenza di midriasi accentuata, l’emissione di grida in gruppi di vocalizzazioni costanti per intensità e frequenza. In rari casi si può osservare il paziente ansimare a becco aperto, pur non presentando patologie organiche. E’ importante individuare la presenza di questi segnali sia durante la visita in ambulatorio che indagando a fondo il comportamento del paziente nel suo ambiente domestico: a volte i proprietari negano la presenza di questi sintomi perché non sono stati in grado di leggerli, ma opportunamente istruiti saranno in grado di dare risposte più soddisfacenti ad un secondo incontro. L’ansia si associa alle fobie in caso di fobie multiple o molto gravi o semplicemente per la persistenza in loco dello stimolo fobogeno. In caso di problemi di socializzazione l’ansia è più grave quanto minore è il grado di socializzazione del paziente e quanto maggiori sono i suoi contatti con le specie con cui non è correttamente socializzato. Nella sociopatia a mio avviso c’è un relazione fra la sicurezza del paziente del proprio status sociale e la presenza e la gravità dello stato ansioso: pazienti fermamente saldi nel proprio status difficilmente presentano ansia. In caso di compresenza di più entità nosografiche l’ansia è una costante ed è di grado maggiore. Purtroppo quasi sempre i pazienti aviari arrivano in visita dopo anni di evoluzione della patologia, ne consegue che lo stato ansioso più frequentemente osservabile è quello permanente e l’autodeplumazione il sintomo più evidente.
La terapia dell’ansia
Quando è presente uno stato ansioso, anche se non c’è autodeplumazione, è consigliabile utilizzare sempre una terapia farmacologica. L’ansia riduce la plasticità comportamentale e la disponibilità del paziente a razionalizzare le esperienze, è quindi fondamentale ridurne i livelli per favorire l’apprendimento in situazioni emozionali positive. La fluoxetina (1-2 mg/kg sid o suddivisa in due somministrazioni giornaliere) viene utilizzata soprattutto nei casi di autodeplumazione, poiché è legata ad un grave stato ansioso permanente con tendenza alla depressione. Questo farmaco può anche ridurre sensibilmente il comportamento di aggressione ma con una certa variabilità individuale. Anche la clomipramina (1-2 mg/kg da suddividere in 2 somministrazioni giornaliere) è segnalata per l’autodeplumazione, ma l’autore preferisce utilizzarla nei casi di ansia intermittente. Il dottor Pageat riporta anche la doxepina (1-3 mg/kg da suddividere in 2 somministrazioni giornaliere) e la selegilina (1 mg/kg al mattino), entrambe per la terapia dell’autodeplumazione (ansia permanente). Sono riportate anche la sertralina ()e un antistaminico con moderato effetto sedativo. L’autore non ha esperienze pratiche in merito a questi ultimi due farmaci. Bisogna ovviamente individuare la patologia responsabile dello stato ansioso e fare una terapia adeguata.
I disturbi dell’attaccamento
La volontà d’inserire un capitolo che tratti di disturbi dell’attaccamento nel pappagallo è provocatoria: gli studi sul cane relativi al legame di attaccamento sono sempe più numerosi e sembrano confermare le analogie rispetto al legame di attaccamento nell’uomo. Ne consegue che molte patologie comportamentali nella specie canina sono favorite e/o peggiorate dal disturbo di attaccamento, che si può considerare uno dei principali fattori patogenetici. Nel pappagallo non esistono studi sul legame di attaccamento ma possiamo immaginare che, trattandosi di animali che nascono inetti e che per periodi anche lunghi dipendono dalle cure parentali per la sopravvivenza, sia presente una sorta di processo di attaccamento anche in queste specie. L’unico dato reale è la frequenza dei sintomi di sofferenza mentale ed emozionale al momento del distacco dalla/e figura/e di attaccamento in pappagalli allevati a mano. Nell’esperienza dell’autore i problemi più frequentemente lamentati dai proprietari di pappagalli con patologie del comportamento sono le grida e l’autodeplumazione/autotraumatismo. Molto spesso durante la raccolta anamnestica risulta evidente come questi sintomi si verifichino in assenza o al momento del distacco dalla/e figura/e di attaccamento. Per distacco intendo anche lo spostarsi fuori dalla vista del pappagallo. Questo indica un’estrema difficoltà nella gestione della lontananza e una visione di se non autonoma: molti pappagalli sono attivi soltanto in presenza dei proprietari, quando non ci sono non fanno nulla, neppure se si lasciano loro dei giochi. Questi sintomi sono pressoché sovrapponibili a quelli tipici del disturbo di attaccamento nel cane e, nell’esperienza dell’autore, sono spesso correlati ad una bassa autostima ed autoefficacia: i pazienti non si ritengono capaci, non hanno iniziativa, si arrendono subito alla prima dificoltà incontrata. Un’altra similitudine sta nell’attidutine nei confronti del mondo, ovvero nel modo in cui il paziente tende a porsi nelle relazioni con gli altri individui del gruppo, con gli estranei, con le novità, ecc.
La terapia dei disturbi dell’attaccamento
La terapia farmacologica è importante per la riduzione della sofferenza emozionale del paziente al momento del distacco (qualsiasi distacco) e per aprire delel finestre cognitive attraverso la rigidità causata dallo stato ansioso. La clomipramina e la selegilina possono essere indicate per favorire la presa d’iniziativa del paziente, soprattutto se non sono presenti comportamenti di aggressione. In caso di aggressioni meglio utilizzare la fluoxetina. La terapia comportamentale prevede la creazione di un corretto legame di attaccamento con il gruppo sociale, non con un solo elemento, e l’aumento dell’autostima e dell’autoefficacia, favorendo le prese d’iniziativa corrette e funzionali.
Il disturbo competitivo di relazione
Si tratta di un problema molto frequente. I comportamenti di aggressione presenti sono quelli classici: aggressioni territoriali, competitive e da irritazione. Solitamente il pappagallo sceglie un elemento del gruppo come partner e tenta di gestirne i rapporti, i contatti e le relazioni con gli altri membri del gruppo e con gli estranei, pretende inoltre di gestire i contatti anche fra i membri del gruppo che non ha scelto come partner, anche se in maniera meno evidente rispetto ad esempio al cane. A mio avviso esistono delle forme di sociopatia “latente”, in cui la gestione dei contatti del partner avviene soltanto durante la stagione riproduttiva, ovvero in primavera-inizio estate. Chi si occupa di pappagalli definisce queste aggressioni “sessuali” o “da calore” ma a mio avviso sono unicamente segno di una patologia della relazione in cui i sintomi si esacerbano a causa della stimolazione ormonale, dunque si possono inquadrare nell’ambito del DCR. Se si esaminano a fondo questi casi infatti si possono identificare segnali compatibili con questo tipo di patologia durante tutto l’anno. Spesso si tratta di problematiche relative alla gestione del contatto fisico con il pappagallo, che non sfociano se non raramente in veri e propri comportamenti di aggressione per il solo motivo che il proprietario ha imparato a leggere, più o meno coscientemente, i segnali premonitori dell’aggressione vera e propria, e interrompe il contatto prima che essa avvenga. I soggetti presentano una decisa richiesta di contatto fisico con il proprietario, salvo poi interromperla improvvisamente quando lo preferiscono. Non è mai il proprietario a decidere di iniziare o terminare il contatto con il pappagallo. Molto spesso questi soggetti si lasciano toccare soltanto da una persona in famiglia, quella scelta come partner, anche se non mostrano timore per gli altri membri del gruppo famigliare. Le aggressioni sul cibo nei pappagalli sono rare, molto più spesso si tratta di aggressioni territoriali, scatenate dall’immissione di mani o altri oggetti nella gabbia del pappagallo per porgergli il cibo, cui il pappagallo risponde difendendo quello che considera il suo territorio. I pappagalli affetti da DCR rifiutano costantemente di entrare ed uscire dalla gabbia dietro richiesta dei membri del gruppo famigliare e tipicamente si posizionano su superfici alte, da cui possono dominare il territorio e rendere difficile la cattura da parte dei proprietari, pronti però a scendere qualora non siano più al centro dell’attenzione. Uno dei sintomi tipici della sociopatia in queste specie è dunque la difficoltà, o molto più spesso l’impossibilità, da parte dei proprietari nel gestire gli spostamenti del pappagallo nell’ambito del territorio: questi soggetti finiscono spesso per considerare l’intera casa proprio territorio, non soltanto la gabbia. In questi casi si presentano più facilmente aggressioni territoriali sia ai membri della famiglia che agli estranei. La sequenza tipica dell’aggressione territoriale è molto “teatrale”, con oscillazioni verticali di testa e busto e grida rauche e minacciose, ma purtroppo i pappagalli hanno una forte tendenza a strumentalizzare i comportamenti, compresi quelli di aggressione, e ben presto questa sequenza si perde ed il pappagallo si limita ad aggredire con becco ed artigli l’intruso scagliandosi in silenzio o al massimo mentre emette un grido rauco. Se la sociopatia è l’unica patologia presente pressoché costantemente si hanno aggressioni territoriali, ma nel caso in cui ci sia la compresenza di altre patologie come difetti di socializzazione, paure o fobie (evento purtroppo molto frequente) il pappagallo trova difficoltà nell’espandere il proprio territorio a tutta la casa. In questo caso l’aggressione territoriale si verifica unicamente se vengono immessi oggetti o le mani di una persona nella gabbia, spesso anche se persone o oggetti si avvicinano alla gabbia. Questi pazienti cercano costantemente una posizione alta, anche quando sono sulla persona, e non scendono se non costretti. Possono diventare invece molto aggressivi nel caso in cui l’estraneo tocchi il partner da loro prescelto. purtroppo la presenza di più entità nosografiche è frequente e rende più difficile la diagnosi. Nella maggior parte dei casi si tratta comunque di problemi legati alla paura (di singole persone od oggetti) e a problemi di socializzazione, quindi le sequenze di aggressione presentano alcuni elementi tipici dell’aggressione da paura, come l’eliminazione di feci (a volte anche multipla, durante un’aggressione territoriale prolungata), grida acute o sbattere di ali. Non sembra ci sia correlazione fra la gravità delle aggressioni territoriali e quanto sia saldo l’alto status sociale del pappagallo, si può notare invece un aumento della gravità e della durata delle aggressioni nel caso in cui ci sia compresenza di paura, fobie, squilibri emozionali (pappagalli allevati a mano) o problemi di socializzazione. Le aggressioni da irritazione, come si diceva precedentemente, spesso sono ridotte ai soli segnali premonitori. Ovviamente esistono delle differenze di specie, legate soprattutto al tipo di gruppo sociale formato in natura. I cacatua ad esempio sono particolarmente motivati nella gestione dei contatti del partner, sia umano che pappagallo, mentre invece i cenerini difendono maggiormente il territorio, ma non è un fenomeno costante, ogni caso ogni individuo è un caso a se stante e come tale va considerato. L’evoluzione del DCR è piuttosto tipica: solitamente si presenta alla pubertà ed evolve rapidamente, i comportamenti di aggressione si strumentalizzano con estrema velocità (rispetto a cane e gatto) e presto il pappagallo diventa pressochè inavvicinabile dalla maggior parte del gruppo famigliare, a volte si lascia toccare soltanto da una persona che rappresenta il partner sessuale o il membro del gruppo che ha la comunicazione più impositiva e violenta (non necessariamente in senso fisico): spesso le richieste d’interazione sono impositive, a volte violente. Si tratta di una patologia della relazione ed è quindi evidente all’osservazione come tutto il gruppo famigliare comunichi in modo impositivo, competitivo e violento con il pappagallo o ne subisca l’imposizione. In altre parole il pappagallo sa comunicare unicamente in questo modo e si lascia sopraffare dal più forte del gruppo per poi prendersela con i più deboli. Il gioco in questi pazienti è molto raro e di solito unicamente di tipo competitivo, lo stato ansioso è pressochè costante e spesso si tratta di ansia intermittente. Quando il membro del gruppo da cui il pappagallo si lascia avvicinare riveste il ruolo di partner sessuale il paziente si mostra sovente impositivo, insistente e violento nelle sue richieste di attenzione, pretende d’iniziare e concludere le interazioni, controlla tutte le altre interazioni del partner e le gestisce, spesso con delle aggressioni. Poiché questa patologia si presenta alla pubertà, momento fondamentale per la crescita mentale e lo sviluppo della vita sociale del pappagallo, molto spesso si accompagna ad un difetto di socializzazione (desocializzazione secondaria): se il pappagallo diviene violento i membri del gruppo tenderanno ad interagire sempre meno con lui, ad isolarlo, in um momento molto delicato dello sviluppo. Se le interazioni sono troppo ridotte, tenendo presente che il pappagallo non generalizza con tanta facilità come il cane, un soggetto ben socializzato potrebbe evolvere rapidamente in un paziente poco o per nulla socializzato in pochi mesi, a volte in poche settimane. Nelle specie in cui i tempi di sviluppo sono più lunghi (i grandi cacatua, ad esempio) i tempi di perdita di socializzazione sono dilatati, ma nelle specie a crescita più rapida, come gli inseparabili, si riducono drasticamente. Ecco perché molto spesso dcr e difetto di socializzazione sono così spesso compresenti.
La terapia del disturbo competitivo di relazione
La terapia di questa patologia è farmacologica nel caso in cui ci siano aggressioni, soprattutto se si tratta di pappagalli di medio-grandi dimensioni e dunque potenzialmente pericolosi o se le agressioni occupano la maggior parte delle risposte alle interazioni inter o intraspecifiche. La fluoxetina ha un discreto effetto di riduzione del comportamenti di aggressione e contiene piuttosto bene le emozioni in queste specie, riducendo l’entità e la frequenza delle fluttuazioni di arousal e quindi i comportamenti impulsivi. In queste specie ci sono alcune segnalazioni sull’utilizzo di psicofarmaci, ma tutte aneddotiche o di singoli casi clinici. È riportato l’utilizzo di questo farmaco alla dose di 1 mg/kg, suddivisa in due somministrazioni giornaliere. L’autore preferisce la mono somministrazione al mattino e, soprattutto nei casi più gravi in cui il paziente presenta serie difficoltà nella gestione delle emozioni, può arrivare anche a 2 mg/kg. Sono riportati anche altri farmaci per ridurre il comportamento di agressione. L’autore utilizza soprattutto la fluoxetina. La leuprorelina o leuprolide è utile in caso di aggressioni stagionali, ma ancora non conosciamo le conseguenze a lungo termine di questa terapia soppressiva sulla produzione di ormoni sessuali. Gli impianti di leuprorelina sono inseribili anche su pappagalli di piccola taglia, ne è riportato l’impianto con successo e senza effetti indesiderati anche in inseparabili o pappagalli ondulati. L’autore preferisce inserire l’impianto sottocute nella zona del dorso, fra le ali. Le modalità di somministrzione del farmaco devono adattarsi al singolo paziente, in modo da facilitarne il più possibile l’assunzione. La terapia di quasi tutte le patologie del comportamento richiede dei tempi prolungati, mesi se non anni, ed è quindi impensabile costringere il gruppo famigliare a somministrare forzatamente il farmaco al paziente per un periodo di tempo così prolungato senza che questo incida sulla relazione, soprattutto in pazienti che presentano comportamenti di aggressione. Quasi tutti i farmaci psicotropi sono presentati in formulazioni poco appetibili per i pazienti aviari, è quindi preferibile richiedere preparazioni galeniche, possibilmente in forma liquida, con l’introduzione di aromi che incontrino maggiormente il gusto di questi animali. L’autore utilizza solitamente la melassa o l’aroma di mela. E’ importante offrire il farmaco all’interno di un rituale già presente in famiglia (ad esempio la condivisione di parte del pasto), a patto che non implichi la somministrzione di alimenti nocivi per il pappagallo, o creare un rituale apposito che venga marcato con emozioni positive prima di inserire il farmaco. Il rituale dev’essere strutturato con un segnale d’inizio, uno svolgimento ed uno di fine. Per il termine si può utilizzare il finito, per le restanti parti non esistono regole precise, sarà importante trovare segnali e cornici di svolgimento che presentino marcature emozionali positive sia per il gruppo famigliare che per il paziente. La prima prescrizione da effettuare, in ogni caso non soltanto in pazienti con dcr, è l’insegnamento al proprietario della comunicazione con il pappagallo. La maggior parte dei clienti non sa leggere correttamente i segnali che il pappagallo invia e si approccia in modo errato: l’eliminazione delle incomprensioni è alla base di una buona relazione. Inoltre la maggior parte delle terapie che prescriviamo richiede che il proprietario sappia comprendere quando il pappagallo fatica a gestire la situazione o sta iniziando ad essere irritato, prima che compaiano crisi di panico o aggressioni vere e proprie. Dunque la lettura dei segnali prodromici è di fondamentale importanza per la buona riuscita di una terapia. Nel caso del dcr la terapia prevede poi soprattutto l’apertura della dimensione collaborativa di relazione. La motivazione a competere a a collaborare sono mutualmente esclusive quindi, in un paziente in cui la motivazione competitiva occupa molto “spazio mentale”, sarà di fondamentale importanza disciplinare questa motivazione ed allenarne altre che offrano modalità diverse d’interazione e di relazione. Tutti i giochi di collaborazione sono ottimi, ma sarà importante scegliere partendo da quelli più adatti alla diade pappagallo-uomo che abbiamo di fronte, me consegue che utilizzeremo giochi diversi con membri diversi del gruppo famigliare, spesso anche trasformando giochi che le persone già fanno con il pappagallo in modo che siano collaborativi e non competitivi. Attività ludiche collaborative sono i problem solving (effettuati assieme al pappagallo, non somministrati perché li risolva da solo) i percorsi ad ostacoli, il corpo come palestra, l’esplorazione guidata degli oggetti, il canto. E’ di fondamentale importanza che ogni attività si svolga con marcature emozionali positive durante tutta la durata, che non ci siano momenti di grande difficoltà o frustrazione, che le persone controllino il livello di arousal del pappagallo e cerchino di mantenerlo ad un livello medio evitando le fluttuazioni, che preludono solitamente alle aggressioni. In questo senso, se il paziente lo permette, è utile che il terapeuta presenti le attività al gruppo e che questo le effettui inizialmente in sua presenza proprio perché tutti imparino a gestirle nel modo migliore possibile. Una possibile alternativa consiste nel chiedere alle persone di filmarsi mentre giocano a casa per poi visionare assieme i filmati e correggere eventuali errori o proporre alternative o integrazioni alle interazioni proposte. Molti pappagalli sociopatici imparano a gridare per ottenere il contatto con i proprietari o anche soltanto uno sguardo. Nel caso dei pappagalli bisogna però considerare che in natura gridano per farsi sentire dagli altri e dunque sono abituati a tenere toni alti per comunicare. La comunicazione continua con gli altri membri del gruppo è fondamentale in questa specie, mentre invece in casa il proprietario vorrebbe che non emettessero mai suoni, se non quando loro richiesto. Questo non è possibile, ma si può sicuramente migliorare la comunicazione fra proprietario e pappagallo creando delle semplici sequenze comunicative che non implicano l’uso della voce. Si può effettuare il codaggio di un comportamento, di un semplice movimento come il sollevamento della cresta nel cacatua ad esempio, per trasformarlo in un metodo di comunicazione alternativo alla voce. Il codaggio è un metodo di addestramento utilizzato spesso nei parchi zoologici per ottenere un determinato atteggiamento da un animale con un preciso movimento, che fa da segnale d’inizio. Come prima cosa, ogni volta che il pappagallo effettua il comportamento che si vuole “codare”, il proprietario fa un certo movimento, ad esempio ogni volta che il pappagallo alza la cresta il proprietario alza il dito indice, tenendo la mano ben in vista. Subito dopo il proprietario parla con voce soddisfatta al pappagallo, dicendogli bravo e seguitando ancora per qualche secondo con altre parole. Presto il pappagallo apprenderà a sollevare la cresta ogni volta che il proprietario alzerà il dito e sarà sufficiente, per soddisfare la sua esigenza di continuo contatto con il gruppo, che il proprietario si affacci ogni tanto o, mentre passa davanti alla gabbia, alzi un dito e dica qualcosa di gentile al pappagallo appena avrà alzato la cresta. Un altro mezzo comunicativo è il richiamo di contatto o il canto in coro o a seguire: il richiamo può sostituire le grida di pretesa del pappagallo e il canto in coro o a seguire possono rappresentare un’interazione vocale prolungata, che soddisfa le esigenze etologiche del pappagallo ma contemporaneamente allena la motivazione a collaborare. È importante che il gruppo sociale ignori le richieste impositive del pappagallo e gli proponga invece, appena smette, un richiamo di contatto non gridato, che può essere sia una frase (ES: “sono qui”) che un suono (lieve fischio o schiocco della lingua o delle labbra). Questo richiamo dev’essere ripetuto spesso durante la giornata, anche senza arrivare in vista del pappagallo, e lo si può utilizzare per rispondere ai richiami del pappagallo che non sono grida e che sono adeguati per quel gruppo sociale. Il canto rappresenta invece una proposta d’interazione più complessa e prolungata, che allena moltissimo la motivazione collaborativa attraverso un canale comunicativo primario per il pappagallo e con modalità che sono estremamente gratificanti per queste specie. Si può iniziare proponendo al paziente un semplice motivetto cantato o fischiato, l’importante è che il suono non venga emesso rivolgendosi direttamente a lui ma passandogli davanti mentre si è impegnati in altre attività. Insomma i membri del gruppo dovrebbero cantare o fischiare mentre sono impegnate nelle attività quotidiane. È possibile anche sfruttare la motivazione competitiva del pappagallo, in questo modo disciplinandola: due o più membri del gruppo possono cantare o fischiare un motivo rivolgendosi l’uno all’altro, ridendo e mostrando di divertirsi molto. Si può cantare assieme oppure cantare uno di seguito all’altro. Quando il pappagallo mostrerà interesse sporgendosi verso chi canta ed iniziando ad emettere piccoli suoni una persona portà rivolgerglisi direttamente cantando o fischiando un pezzo del motivo. E’ importante non aspettare che il pappagallo emetta suoni eccessivi ma coinvolgerlo nel dialogo appena si mostra interessato, ai primi suoni emessi, per evitare che sperimenti la frustrazione di essere escluso ed inizi a pretendere l’interazione con le modalità che gli sono famigliari, ovvero in modo impositivo. Con il tempo sarà il paziente stesso a proporre una parte del motivo per iniziare il dialogo, a questo punto sarà importante rispondere quando il suono non è troppo forte, sia scegliendo di cantare con lui sia dicendogli chen on è il momento, ovvero dandogli il finito. È di fondamentale importanza, quando si interagisce con un paziente con dcr, che sia il gruppo sociale e non il paziente a gestire le interazioni. Ecco che si rende necessario un segnale di fine, che spieghi al pappagallo quando l’interazione è terminata, il finito può essere molto utile ed è sicuramente meglio del “basta”, che spesso viene utilizzato dal gruppo quando non ne può più delle richieste del paziente (che in questo caso possono essere veramente insistenti ed invadenti) e che quindi è associato ad un portato emozionale decisamente negativo, sia per le persone che per il pappagallo. La gestione delle interazioni è molto importante per modificare i ruoli all’interno del gruppo sociale. Un pappagallo affetto da dcr solitamente inizia e finisce le interazioni, spesso in modo impositivo o addirittura violento (come nel caso delle aggressioni per interrompere il contatto durante le coccole). E’ di fondamentale importanza che siano i membri del gruppo sociale e non il paziente a gestire le interazioni, prendendo l’iniziativa e proponendo attività o dialoghi e smettendo quando ancora il paziente è positivamente coinvolto. Se il pappagallo si propone, soprattutto se lo fa nel modo sbagliato, le persone possono comunicargli il finito e, dopo alcuni secondi o minuti a seconda del grado di eccitazione del pappagallo, proporsi quando è più calmo.
I difetti di socializzazione
Si tratta di patologie molto, molto frequenti. Nel caso di soggetti di cattura ci si trova di fronte ad un paziente selvatico, totalmente non socializzato, che richiede un lungo periodo di adattamento per abituarsi alla presenza dell’uomo. In questo caso non si può parlare certo di processo di socializzazione, ma semplicemente di adattamento. In realtà i problemi più gravi si hanno nei soggetti allevati a mano, che presentano una parziale socializzazione con l’uomo dovuta all’impregnazione nei confronti dell’allevatore, ma che spesso è associata ad esperienze negative come l’alimentazione con la sonda, una manipolazione brusca e troppo breve, ecc. Inoltre si tende a considerare un soggetto allevato a mano come “socializzato con l’uomo”: questo è assolutamente falso. Il pappagallo allevato a mano presenta soltanto un’impregnazione iniziale e spesso ad una sola persona, l’allevatore. Il proprietario che adotta un giovane pappagallo, che lo nutre, rappresenta per lui la figura genitoriale (materna o paterna o entrambe a seconda delle abitudini comportamentali della specie) e dunque, grazie all’impregnazione precedente, difficilmente avrà problemi di socializzazione con il pappagallo, anche se probabilmente avrà molti altri problemi relazionali, soprattutto quando gli ormoni sessuali inizieranno a stimolare il cervello del paziente portando nuove, forti emozioni, che un pappagallo che non ha avuto un buon processo di attaccamento difficilmente saprà controllare. Ma se il pappagallo non viene manipolato da più persone, non viene in contatto con una vasta gamma di soggetti umani nel corso del suo sviluppo comportamentale non si potrà considerare correttamente socializzato: i pappagalli difficilmente generalizzano nel processo di socializzazione, dunque necessitano di un’esperienza ampia e varia, sempre positiva, per socializzare con un’altra specie. Nel caso in cui l’esperienza con l’allevatore sia stata negativa si avranno problemi di paure sin dai primi giorni, così come in caso di sovrastimolazione in età neonatale (vedi capitolo sullo sviluppo comportamentale). Un soggetto non socializzato sviluppa costantemente una fobia sociale che tende a presentarsi facilmente con comportamenti di aggressione per distanziare lo stimolo fobogeno. In altri casi il pappagallo ha degli attacchi di panico alla vista delle persone e tenta la fuga provocandosi gravi lesioni, sia che sia in gabbia sia che sia libero. Spesso alla fobia iniziale se ne aggiungono altre, derivate dal comportamento di reazione dei proprietari alle aggressioni del pappagallo: paura di oggetti o suoni utilizzati per punire o allontanare il pappagallo che aggredisce. In casi molto gravi di fobie multiple il paziente si rifiuta di uscire dalla gabbia e presenta ansia permanente con evoluzione in depressione. Molto spesso il difetto di socializzazione è correlato e coevolve con il DCR (vedi capitolo precedente) oppure è compreso in una patologia più ampia è molto, molto frequente nei pappagalli: la sindrome da privazione sensoriale.
La terapia dei difetti di socializzazione
La terapia di questa patologia richiede la fluoxetina in caso di aggressioni o la clomipramina o la selegilina in caso di inibizione e mancanza di presa d’iniziativa. La terapia comportamentale è lunga e complessa e caratterizzata da piccoli miglioramenti dilazionati nel tempo. È di fondamentale importanza far comprendere al proprietario come quello che all’apparenza sembra soltanto un piccolo miglioramento per noi sia in effetti per il paziente un grande traguardo e come tale vada premiato. Ogni piccolo miglioramento dev’essere fatto notare al gruppo famigliare per motivarlo a proseguire nella terapia soprattutto inizialmente, poiché le capacità di comprendere la comunicazione e le emozioni del pappagallo non saranno elevate nel gruppo e i miglioramenti saranno molto, molto ridotti. Poiché il pappagallo è comunque un animale selvatico è difficile, se non si tratta di un soggetto giovane, socializzarlo completamente e con totale successo all’uomo. La terapia prevede esercizi di presa di contatto, inizialmente con distanze anche elevate a seconda della capacità di gestione del paziente. Il proprietario dovrà guardare il pappagallo non direttamentre, ma mantenendolo nel proprio campo visivo e chiudendo spesso gli occhi, senza spalancarli e mantenendo un atteggiamento rilassato. L’uso di tutti i segnali di pacificazione e delle attività di sostituzione descritte nel capitolo sulla comunicazione è di grande utilità in questa prima fase. Inizialmente si può posizionare la gabbia del pappagallo in un luogo riparato da cui però egli possa osservare il suo gruppo sociale muoversi ed effettuare tutte le normali attività quotidiane. In caso di pazienti molto gravi si può anche coprire parzialmente la gabbia con un telo con dei buchi o mettere una pianta a parziale copertura, in modo che possa nascondersi ed osservare senza essere visto. Permettere ad un pappagallo non socializzato di uscire dalla gabbia da solo è controproducente, poichè al momento di rimetterlo in gabbia lo si dovrà costringere e questo non migliorerà certo la relazione con il proprietario. E’ dunque importante prevedere una gabbia molto grande, con un ottimo arricchimento ambientale. È importante comprendere quali oggetti il pappagallo non teme ed utilizzarli come arricchimento ambientale in gabbia: soprattutto nei pazienti totamente selvatici, in cui il livello di socializzazione è nullo, l’utilizzo dell’esplorazione guidata di un oggetto da parte delle persone è controproducente, poiché il paziente le teme e non si fida di loro e quindi ogni oggetto da loro presentato può essere considerato pericoloso. Meglio utilizzare l’oggetto ignorando il paziente e rimanendo ad opportuna distanza per non elicitare emozioni negative, ma sfruttare le caratteristiche di specie relative all’apprendimento sociale e alle attività di sostituzione come comportamenti di pacificazione. Il proprietario dovrà sempre fornire il cibo al pappagallo personalmente, se ci sono più membri nella famiglia sarebbe meglio che lo facessero tutti a turno poiché il pappagallo non generalizza facilmente e tende a socializzare con la singola persona. Meglio evitare il contatto visivo soprattutto nelle fasi iniziali di approccio e cercare di ridurre al minino il tempo di permanenza delle mani nella gabbia. Si può iniziare la presa di contatto fisico attraverso la gabbia, offrendo del cibo al pappagallo. Si possono poi offrire vari oggetti, utilizzando le metocihe comunicative descritte nel capitolo dedicato alla comunicazione. Una volta preso contatto in questo modo si può passare a chiedere di salire sulla mano aprendo la gabbia. Inizialmente si può aprire la gabbia ed offrire oggetti e/o premi, poi allontanarsi e lasciare che il pappagallo comprenda che lo sportello aperto non rappresenta un pericolo. Quando il pappagallo permetterà l’avvicinamento a sportello aperto senza intimorirsi o aggredire si potrà passare a chiedere di salire sulla mano, mantenendola ferma e stabile come un posatoio e facilitando la presa di contatto per mezzo del gioco e l’utilizzo di segnali calmanti. Si può mettere del cibo sulla mano e lasciare che il pappagallo la esplori. Quando il pappagallo sale la prima cosa che deve comprendere è che può scendere quando vuole e che la mano non si muove. Quando il pappagallo si troverà a suo agio sulla mano il proprietario potrà iniziare a spostarle verso l’uscita, con lo scopo di far uscire il paziente. Il processo dovrà essere molto graduale e il paziente dovrà essere riportato al punto di origine non appena si mostra in lieve difficoltà. E’ bene che al pappagallo venga permesso di uscire dalla gabbia soltanto quando sale sulla mano del proprietario con facilità e correttamente alla sua richiesta. La prima volta l’uscita deve essere molto breve, soltanto all’interno della stanza dove si trova la gabbia, e non ci devono essere suoni o persone diverse che potrebbero causare fughe. Le uscite dovranno essere gradualmente più lunghe e su di un’area sempre più vasta della casa. Una volta che il pappagallo sarà abituato a girare la casa sulla mano del proprietario gli si potrà permettere di esplorare oggetti offerti dai membri della famiglia e si potranno iniziare le attività collaborative. Le attività ludiche di corpo come palestra, i percorsi ad ostacoli e l’esplorazione guidata di oggetti e luoghi aiutano a creare una relazione di fiducia e a far apprezzare al paziente il contatto con il corpo delle persone in una situazione di benessee psichico e rilassamento. Per i pazienti più timorosi è meglio iniziare gli esercizi non offrendo i premi in cibo dalle mani ma mettendoli in terra o sul corpo della persona da esplorare. Per quei pazienti che sono socializzati soltanto con un membro della famiglia questo può fare da mediatore fra il pappagallo e gli altri membri del gruppo, ad esempio guidando il pappagallo a percorrere il corpo di un’altra persona che rimane ferma. In un secondo momento, o nei pazienti che non presentano gravi difetti di socializzazione, si può utilizzare il gioco del richiamo: due persone si posizionano vicine e il pappagallo parte dalla mano della persona con cui ha più famigliarità. Questa persona indica al pappagallo l’altro giocatore, che sta manipolando un gioco che il paziente ama molto. Quando il pappagallo si mostra interessato al gioco la persona glielo offre e, quando lo tocca, viene premiato prima da questa con un bravo e poi dall’altra con un premio in cibo. Con il tempo si aumenta la distanza fra le persone, magari interponendo uno spazio che il pappagallo può percorrere facilmente come un tavolo (su cui si trova a suo agio) e si richiama a turno l’attenzione del pappagallo con la stessa metodica, premiandolo con voce e cibo quando arriva. il numero di giocatori può essere progressivamente aumentato, partendo sempre da quelle che il pappagall oconosce meglio ed inserendo man mano gli altri, che entreranno nel punto più lontano dal pappagallo e con una corretta prossemica e cinetica.
La sindrome da privazione sensoriale
L’autore ritiene che la maggior parte dei pappagalli non riceva una corretta stimolazione durante lo sviluppo e dunque che pressochè ogni paziente che viene presentato in visita debba essere considerato ipostimolato e presenti un certo grado di privazione sensoriale. Purtroppo non esistono studi scientifici in merito al processo di attaccamento nel pappagallo ed all’influenza che ha sul modo di porsi nei confronti del mondo e delle relazioni con gli altri, conspecifici e non, tutavia l’autore ha potuto osservare che la maggior parte dei pazienti con sindrome da privazione sensoriale sono pappagalli allevati a mano e che in questi molto spesso la patologia presenta un’insorgenza diversa rispetto ai pappagalli allevati da genitori conspecifici. I giovani pappagalli allevati a mano si mostrano infatti socievoli e disponibili all’interazione, curiosi ed esplorativi nelle prime settimane dopo l’adozione, per poi progressivamente ridurre la fiducia nei confronti del nuovo e presentare sempre più frequentemente comportamenti d’inibizione o di fuga anche in situazioni in cui in precedenza si erano mostrati curiosi. La diffidenza è normale nei pappagalli puberi ed adulti, ma non lo è in quelli giovani. L’autore sospetta che il problema risieda nel modello di attaccamento errato dovuto all’allevamento da parte di un non conspecifico, che non comprendendo a fondo la comunicazione, gli stati emozionali e le esigenze di un pullus non è stato per esso una base sicura. Un’altra possibilità potrebbe essere un difetto nel modello di attaccamento secondario, ovvero il gruppo famigliare, che non è in grado di affiancare e supportare correttamente il giovane, troppo giovane, pappagallo nel suo percorso di conoscenza del mondo e degli individui che lo popolano. Insomma il problema non risiede soltanto nella carenza quantitativa di esperienze, comunque quasi sempre presente, ma anche nella loro scarsa qualità. Se non c’è un individuo, o più individui, di riferimento il pappagallo diviene sempre più insicuro, diffidente e tutte le esperienze che fa sono connotate da emozioni negative: ansia, timore, paura, perdita, solitudine, ecc. Questo genera una difficoltà ed un’inadeguatezza crescente a far fronte alla vita quotidiana, ed esita nella sindrome da privazione sensoriale. Quando si valuta un pappagallo bisogna tener presente che è davvero difficile fornire ad una specie preda selvatica tutti gli strumenti necessari per vivere bene in un ambiente famigliare umano di città, proprio perché si tratta di un habitat per molti versi diametralmente opposto a quello in cui vive un pappagallo in natura. Si potrebbe pensare che un pappagallo di questo tipo potrebbe vivere benissimo in una voliera esterna ampia, con alberi e piante a disposizione. Purtroppo però non è così: sono pochissimi i pappagalli che escono fuori di casa in libertà, anche soltanto in un trasportino o per una passeggiata con il proprietario, ne consegue che molti pappagalli vengono letteralmente presi dal panico quando si trovano senza un soffitto sulla testa, ovvero hanno paura del cielo. Un altro elemento da considerare, e di cui non si conosce realmente l’importanza, è il ruolo dei raggi ultravioletti nell’identificazione del cibo e dei membri del gruppo nei pappagalli. Essi sono infatti in grado di vedere queste lunghezze d’onda della luce, che purtroppo vengono filtrate dai vetri delle finestre riducendo quindi l’entità della stimolazione visiva nei soggetti che vivono unicamente in casa. Sicuramente questa carenza influenza lo sviluppo mentale del pappagallo, ma non si sa come.
In ogni caso i pazienti affetti da sindrome da privazione sensoriale sono molto rigidi nei loro comportamenti, richiedono codici di condotta molto precisi e cornici definite per poter essere avvicinati (esempio: il pappagallo si lascia toccare soltanto sul divano, la sera, quando stiamo guardando la televisione) e sono estremamente neofobici. Difficilmente giocano con oggetti e, se lo fanno, scelgono una o due categorie di materiale o proprio degli oggetti precisi e toccano soltanto quelli (le penne, le matite, la carta, il legno, ecc). Spesso gridano se l’unica persona cui si sono legati (il legame con un solo membro del gruppo è quasi una costante in tutte le patologie del comportamento del pappagallo) si allontana o anche soltanto scompare alla vista. Questi pazienti possono avere attacchi di panico anche per il più piccolo stimolo, a volte i proprietari non riescono a definirne la causa perché per loro si tratta di qualcosa di totalmente innocuo e normale. La reazione a ciò che li spaventa può essere sia la fuga che l’aggressione, quindi molti pazienti presentano aggressioni da irritazione, da paura e/o territoriali. Tutte le aggressioni sono volte ad allontanare ciò che spaventa il paziente, ma con il tempo la mania di controllo prende il sopravvento e le aggressioni si verificano anche per controllare gli altri membri del gruppo, i loro spostamenti, le loro interazioni. Con l’evolversi della patologia l’ansia si trasforma da intermittente in permanente e l’inibizione diviene il sintomo preponderante, spesso accompagnata dall’autodeplumazione, dall’autotraumatismo o da altre forme di stereotipia, come il succhiamento delle dita o il rosicchiamento delle sbarre della gabbia. Molto spesso c’è una oggettiva difficoltà a prendere sonno, più precisamente a rilassarsi abbastanza da poter dormire: questi pazienti necessitano di un rituale di qualche tipo per potersi rilassare al punto di prendere sonno. Alcuni pazienti dormono soltanto se sono vicini ad un certo oggetto, che a volte devono anche toccare, oppure in un unico luogo, o soltanto se prima hanno esplorato il luogo di riposo con una sequenza ben precisa, ecc.
La terapia della sindrome da privazione sensoriale
Nessuna terapia in queste specie può prescindere da un adeguato e vario arricchimento ambientale. I giochi devono adattarsi alla taglia ed alle abitudini di ogni singola specie e devono essere introdotti tenendo in considerazione il tipo di patologia del paziente: nel caso di un fobico, ad esempio, l’inserimento dovrà essere molto graduale e sempre accompagnato dal supporto del proprietario per facilitare l’esplorazione. Mai inserire un elemento nuovo direttamente nella gabbia: è molto probabile che venga visto come un intruso potenzialmente pericoloso e aggredito oppure evitato, portando ad uno stato di ansia e timore del paziente, che vedrà violata anche la sicurezza prima rappresentata dalla propria gabbia. La presentazione di nuovi oggetti che faranno parte dell’arricchimento ambientale diviene anche un mezzo per aumentare il piano prossimale di esperienza del paziente, tramite la mediazione da parte del gruppo famigliare. E’ molto importante che il paziente si senta protetto e rassicurato dal gruppo famigliare, che deve comprendere appieno le sue manifestazioni di timore ed evitare di esporlo a difficoltà eccessive. La terapia infatti pevede si di aumentare il piano prossimale di esperienza del pappagallo, ma attraverso l’accreditamento del gruppo famigliare nel ruolo di guida, poiché il paziente da solo non è in grado di gestire l’ambiente e gli stimoli che lo circondano. Ecco dunque che le attività di corpo come palestra, percorsi ad ostacoli e problem solving collaborativi, assieme all’esplorazione assistita degli oggetti, divengono attività ludiche adatte alla riabilitazione. Poiché una delle maggiori difficoltà di questi pazienti consiste nel sentirsi al sicuro in un luogo è estremamente utile individuare una cornice adeguata per le attività, che il pappagallo abbia la possibilità di conoscere con calma e senza obblighi, in cui poi tutte le attività nuove verranno svolte inizialmente. Può essere utile scegliere un tavolo o un ripiano non troppo ampio, su cui verranno sistemati gli oggetti che serviranno per le attività prima che arrivi il pappagallo. Anche le persone coinvolte, tranne quella cui il pappagallo è maggiormente legato e che avrà il compito di portarlo al tavolo, dovranno sedersi prima attorno ad esso in posizione neutrale. È sempre meglio iniziare dalla presentazione e dal coinvolgimento del paziente in attività che implichino l’uso di oggetti o materiali già conosciuti, che possono venire combinati o posizionati in modo insolito, per poi gradualmente inserire materiali o oggetti nuovi in combinazione a quelli noti. Anche in questo caso la lettura dei segnali emozionali e di comunicazione emessi dal paziente è essenziale per la buona riuscita delle attività. Il paziente non dovrà mai trovarsi in difficoltà eccessiva e dovrà sempre riuscire nelle attività, che dovranno essere terminate non appena egli raggiunge un obiettivo e prima che si stanchi. Un’attività essenziale per il benessere del pappagallo e per aumentare il suo piano prossimale d’esperienza è l’uscita in esterni. A questo scopo il training su ingresso ed uscita dal trasportino e la marcatura emozionale dello stesso con emozioni positive forniscono competenze essenziali per un’uscita piacevole e costruttiva. Il trasportino dev’essere di plastica e chiuso sopra ed ai lati, come quelli classici da gatto, e fornito di un posatoio, di un materiale antiscivolo sul pavimento e di un gioco che il pappagallo ama molto, in modo che si senta al sicuro. L’uso di un oggetto come mezzo per rassicurare il paziente è molto utile per facilitare l’esplorazione di un luogo nuovo o l’avvicinamento ad una persona. Il tasportino viene posizionato sul tavolo dove il pappagallo effettua le attività ludiche, inizialmente in posizione defilata, e si presentano al paziente giochi ed attività che lo portano ad avvicinarlo. Si possono poi mettere giochi vicino e gradualmente dentro. Quando il pappagallo entra volentieri nel trasportino si può iniziare ad allenare ingresso ed uscita, meglio se con un target come una cannuccia (che si può infilare fra le sbarre del fondo e indicare facilmente al pappagallo la strada da seguire, mentre con la mano l’ingresso sarebbe bloccato dal braccio. Quando il paziente apprende ad entrare ed uscire seguendo il target si può inserire lo sportello, far entrare il pappagallo, lasciargli un gioco o del cibo a disposizione ed accostare lo sportello gradualmente, avendo cura di riaprirlo immediatamente appena egli si gira a guardarlo o mostra il desiderio di uscire. La chiusura sarà molto graduale perché il pappagallo non rimanga chiuso senza sentirsi a suo agio dentro al trasportino. A questo punto sarà possibile effettuare delle uscite in passeggiata, portando il paziente prima in luoghi molto tranquilli ed in seguito in aree gradualmente più ricche di stimoli. In alcuni casi, valutando molto bene il modo in cui il pappagallo utilizza il volo per fuggire e soltanto dopo aver creato una relazione di fiducia con il gruppo sociale, si può procedere al taglio delle penne remiganti delle ali, da effettuarsi soltanto ad opera di un veterinario esperto in uccelli e, per i pazienti molto timorosi, in anestesia, per favorire le uscite anche fuori dal trasportino senza timore di fughe. Questo permette di ridurre i tempi ed arrivare prima all’uscita fuori dal trasportino ma, soprattutto in pazienti deprivati, il rischio è di un’aggravamento dei sintomi qualora il paziente si trovi in situazioni di difficoltà, tenti di fuggire e si finisca in terra o impossibilitato a volare.
Le fobie
Sono poco frequenti come singola patologia, più spesso sono associate a problemi più complessi come privazione sensoriale o problemi di socializzazione. Raramente un paziente presenta un’unica fobia, più spesso al momento della visita le fobie sono multiple, spesso le più recenti sono derivate dalle più remote, associabili sia perché presenti nello stesso contesto che perché relative alla reazione del proprietario o del gruppo famigliare nel corso degli episodi fobici. I pappagalli tendono a sviluppare facilmente fobie in seguito ad esperienze di paura e tendono a generalizzare facilmente in questo caso. Lo stato di parziale privazione sensoriale in cui frequentemente si trovano probabilmente facilita questo processo. Nella maggior parte dei casi la reazione è la fuga, il tentativo di nascondersi porta il paziente ad esporsi a rischi piuttosto gravi che di solito esitano in traumi da volo scomposto e disattento, ma può anche comportare comportamenti di minaccia con grida acute, oppure aggressioni.
La terapia delle fobie
Nella terapia riabilitativa in questo caso bisogna innanzitutto lavorare per rinsaldare il legame con il gruppo famigliare, per favorire il superamento della patologia ed accelerare la terapia. L’arricchimento ambientale, soprattutto con giochi intelligenti, è fondamentale, assieme alle attività collaborative con la famiglia. Il concentrarsi sull’accettazione della situazione che genera la fobia non è mai d’aiuto, meglio far si che il paziente si riferisca al proprio gruppo famigliare come a delle basi sicure e, attraverso questa relazione rassicurante e incoraggiante per il paziente aumentarne il piano prossimale di esperienza, in modo che acquisisca le competenze necessarie per comprendere e gestire anche le situazioni fobogene. Un’altra possibilità consiste nell’utlizzo di tecniche di manipolazione rilassanti che aiutino il cane a gestire le emozioni negative in corso di episodi fobici. Nel pappagallo il contatto con le guance e la fronte può essere allenato per evocare un senso di relax: allenando questo tipo di contatto rilassante in situazioni di calma, meglio se facendolo precedere da un segnale che indica l’inizio del contatto rilassante, per poi utilizzarlo non appena si presenta una situazione che potrebbe essere fobogena. Un’altra possibilità consiste nell’utilizzo di una sorta di tana in cui il pappagallo possa rifugiarsi quando si trova in difficoltà, che lo aiuti a calmarsi e rilassarsi. Si possono utilizzare oggetti e materiali diversi, sfruttando le preferenze individuali di ciascun paziente (sia di materiale che di forma): un trasportino in plastica o in stoffa, un telo di pile, una tendina da gatto, ecc. E’ importante sottolineare che la tana non dev’essere soltanto un rifugio sicuro, ma anche un luogo marcato con emozioni positive. Il lavoro descritto sul trasportino nella terapia della sindrome da privazione sensoriale può essere utilizzato anche per ottenere una tana sicura per il paziente fobico. Questa tana potrà essere lasciata a disposizione al pappagallo perchè possa rifugiarvisi e trovare la tranquillità in tutte le situazioni di fobia. Non dev’essere però l’unica soluzione attuata perché altrimenti sarà l’unica risposta possibile del paziente alle situazioni fobogene.
FONTE : SIVAE
Settore: Animali esotici
Disciplina: Etologia-Terapia comportamentale
La diagnosi e le indicazioni terapeutiche delle patologie del comportamento dei pappagalli sono state discusse dalla Dottoressa Marzia Possenti durante il Corso di medicina comportamentale dei nuovi animali da compagnia.
Alcuni farmaci citati possono essere fuori commercio, questo è un’articolo a SOLO scopo informativo, per ogni dubbio rivolgetevi sempre al vostro veterinario aviario di fiducia!!!
PIANTE TOSSICHE E CAUSE DI AVVELENAMENTO
I nostri pappagalli possono spesso morire senza apparenti sintomi. Spesso la causa del decesso è un avvelenamento. Ci sono molti fattori che possono portare all’intossicazione dei pappagalli, come piante, fumo e assunzione di sostanze tossiche. Elenco ora le principali cause dell’avvelenamento e le piante tossiche.
Teflon:
è un materiale impiegato in numerose pentole e negli asciuga capelli. Assicuratevi che il vostro pappagallo non lo respiri mai, potrebbe morire in pochi giorni.
Fumo di sigarette:
il fumo delle sigarette è altamente tossico e il pappagallo può avere delle vere e proprie crisi respiratorie se dovesse inalarlo. Se fumate, non fatelo in presenza dei vostri animali.
Metalli e metalli pesanti:
lo Zinco e il Piombo sono due metalli molto pericolosi. Si possono trovare in giocattoli, vernice, batterie, lampadine, e anche in cibi per assorbimento.
Le piante tossiche:
Avocado, Alloro, Clematide, Colocasia, Croton, Dieffenbachia, Digitale, Euforbia, Falsa Acacia, Filodendro, Fitolacca, Lupino, Mughetto, Oleandro, Ricino, Rododendro, Tabacco, Tasso e Vite del canada.
Rami delle piante appartenenti alla famiglia dei Prunus (il legno contiene glicosidi cianogenetici, che se ingeriti, si convertono in cianuro):
Albicocco – Ciliegio – Pesco – Prugna
Gli alberi tossici:
Acero rubrum
Albero frecce velenose
Ippocastano
Fico
Fico (appartamento) rampicante, beniamina, elstica
Agrifoglio
Ginepro
Oleandro selvatico
Avocado
Filadelfo
Fitolacca
Robinia
Tasso
Gli arbusti tossici:
Bosso
Carissa macrocarpa
Croton
Berretta da prete
Ortensia
Alloro di montagna
Ligustro
Albero da rosari
Filodendro
Rododendro
Rododendro canadese
Sambuco
Symphoricarpos albus
Edera
Le erbacee tossiche:
Astragalus
Atropa belladonna
Cannabis sativa
Cicuta
Daphne mezereum
Datura
Euphorbia pulcherrima
Menispermum canadense
Oxalis acetosella
Poinciana and related
Ricinus communis
Rumex
Salvia officinalis
Senecio jacobea
Solanum carolineuse
Le piante perenni tossiche:
Aconitum
Actaea pachypoda
Actaea rubra
Amaranthus
Arisaema
Asclepia
Caladium
Celastrus
Colocasia
Conium maculatum
Convallaria majalis
Delphinium
Dieffenbachia
Digitalis purpurea
Heliotropium
Hyoscyamus niger
Lantana
Lobelia
Lupinus
Medicago lupulina
Mentha pulegium
Mirabilis jalapa
Nicotiana
Ornithogalum umbellatum
Paeonia officinalis
Papaver somniferrum
Primula
Ranunculus
Rheum rhabarbarum
Rhus vernix
Rumex
Solanum melongena
Solanum pseudocpsicum
Solanum tuberosum
Toxicodendron radicans
Trifolium repens
Vicia
Vinca minor
Vinca rosea
Zantedeschia aethiopica
Le rampicanti tossiche:
Clematis montanae
Epipemnum aureum
Gelsemium sempervirens
Hedera
Lathyrus odoratus
Wistaria
I bulbi tossici:
Amaryllis
Hyacinthus orientalis
Iris
Narcissus
Narcissus jonquilla
Tulipa
Zigadenus venenosus
Le palme tossiche:
Cycas revoluta
PATOLOGIE COMPORTAMENTALI DEL PAPPAGALLO
CONOSCIAMO LA "CUE"
LA MUTA DEI PAPPAGALLI
PERCHÉ I PAPPAGALLI DEVONO VOLARE?
I RISULTATI DI UN BUON TRAINING
IL TAGLIO DELLE PENNE REMIGRANTI
IL TAGLIO DELLE PENNE REMIGRANTI
CORSO ON-LINE E LIVE "PAPPAGALLI IN VOLO"
INTERVISTA "UN TRAINER PER VOLARE" PARTE SECONDA
POSSO TOCCARE E ACCAREZZARE IL PAPPAGALLO?
LO STRAZIANTE MONDO DEL COMMERCIO DI UCCELLI ESOTICI
Lo straziante mondo del commercio di uccelli esotici.
https://www.oliverregueiro.com/
Articolo originale: https://www.mnn.com/earth-matters/animals/blogs/the-heartbreaking-world-of-captive-exotic-birds
Articolo SCARICABILE in pdf qui >>> https://drive.google.com/open?id=1DSuYCJFAMbOPDkWBUqAZKrsBgZDhUJIJ
DOTT. IGNAZIO PUMILIA PROMUOVE IL VOLO LIBERO
Dott. Ignazio Pumilia promuove il volo libero.
Tutti gli uccelli (volanti) sfruttano l’apparato muscolo-scheletrico e l’apparato respiratorio per volare… la loro anatomia li rende delle perfette macchine per il volo!!! È grazie allo studio del volo degli uccelli se oggi esistono i mezzi aerei !!! Ci sono poi altri fattori quali le correnti ascensionali, la propria volontà dell’animale (in relazione alle proprie esigenze quali vicinanza dal padrone) e tanti altri fattori che condizionano il volo…! Uno dei fattori fondamentali e direi anche la “conditio sine qua non” per il volo dei pappagalli sia in natura che in cattività è il mantenimento del peso corporeo costante. D’altronde un aereo troppo carico non riuscirebbe a volare o comunque avrebbe serie difficoltà! Nei nostri pappagalli Pet tenuti in cattività mantenere un peso costante non è solo indice di buona salute ma è il “volo stesso” ad “essere salutare”! Questo purtroppo non avviene nei pappagalli tenuti sedentariamente in gabbia. Uno studio scientifico dimostra che la “mancanza di volo” in animali nati per volare provoca seri danni per via dello stress ossidativo… ecco una sommaria traduzione:
Stress ossidativo, comportamento di attività e massa corporea nei pappagalli in cattività.
Molte specie di pappagalli sono tenute in cattività per la conservazione, ma spesso mostrano scarsa riproduzione, salute e sopravvivenza. Questi tratti sono noti per essere influenzati dallo stress ossidativo, dallo squilibrio tra la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dalla capacità delle difese antiossidanti di migliorare il danno da ROS. Nell’uomo, lo stress ossidativo è legato all’obesità, alla mancanza di esercizio fisico e alla scarsa nutrizione, tutti elementi comuni negli animali in cattività. In questo studio abbiamo testato se i pappagalli mantenuti nelle tipiche gabbie per animali domestici ed alimentati ad libitum presentano una variazione nel profilo ossidativo, nel comportamento e nella massa corporea. È importante sottolineare che, come con molti uccelli tenuti in cattività, i Pet non hanno abbastanza spazio per intraprendere un ampio volo libero. Quattro tipi di danno ossidativo, rotture del DNA a filamento singolo (test della cometa a basso pH), siti labili alcali nel DNA (test della cometa ad alto pH), sensibilità del DNA al ROS (test della cometa trattato con H2O2) e malondialdeide (un sottoprodotto di perossidazione lipidica), erano non correlati tra loro e con concentrazioni plasmatiche di antiossidanti alimentari. Senza un intenso esercizio per 28 giorni in una gabbia relativamente piccola, gli individui più “attivi” naturalmente avevano più rotture del DNA a singolo filamento rispetto agli uccelli sedentari. L’elevata massa corporea all’inizio o alla fine dell’esperimento, associata ad un sostanziale guadagno di massa, erano tutti associati ad una aumentata sensibilità del DNA al ROS. Pertanto, un’elevata massa corporea in questi uccelli in cattività era associata al danno ossidativo. Questi uccelli non mancavano di antiossidanti dietetici somministrati nella dieta perché la massa corporea finale era positivamente correlata ai livelli plasmatici di retinolo, zeaxantina e α-tocoferolo. Gli individui variavano ampiamente nei livelli di attività, comportamento alimentare, guadagno di massa e profilo ossidativo nonostante condizioni di vita standardizzate. Il danno al DNA è spesso associato a scarsa immunocompetenza, bassa fertilità e invecchiamento più rapido. Quindi, abbiamo meccanismi candidati per la durata limitata e la fecondità comune a molti uccelli tenuti per scopi di conservazione.
– Pub med ed Dott. Veterinario Ignazio Pumilia-
Dott. Ignazio Pumilia Medico Veterinario promuove il volo libero.
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